La sentenza del giudice Giovanni Bartolini è di importanza storica; si tratta infatti del primo caso in Italia in cui ad un Comune viene ordinato di adottare misure specifiche di contenimento del PM10.
Essa indica alle altre realtà territoriali una strada percorribile per veder finalmente riconosciuto il diritto alla salute, costringendo i sindaci a misure efficaci; può pertanto preludere ad una vera rivoluzione nazionale in materia ambientale.
Si fornisce di seguito un quadro sintetico, ma documentato, della sentenza e del contesto ambientale in cui essa è maturata.
1. La sentenza
1.1 Il ricorso
Il 14/11/2006 il Comitato SOS Carrara, Legambiente Carrara, U.P.P.I. (Unione piccoli proprietari immobiliari) e singoli cittadini –assistiti gratuitamente dagli avvocati Paolo Pasquali e Antonio Macchiarini– hanno presentato al Tribunale di Massa Carrara-sez. distaccata di Carrara un ricorso ex art. 700 cod. proc. civ., chiedendo al magistrato un intervento a tutela del diritto alla salute dei cittadini.
Il ricorso, rifacendosi a quanto stabilito dalla Cassazione, pone l’attenzione sul fatto che il diritto alla salute non deve essere tutelato solo a posteriori (in quanto il risarcimento a danno avvenuto non può reintegrare la perdita di salute), ma soprattutto va difeso in via preventiva attraverso l’eliminazione dei fattori potenzialmente dannosi alla salute stessa.
Sulla base dei documentati livelli di inquinamento atmosferico, considerata la situazione decisamente critica di Carrara, i ricorrenti chiedevano che il magistrato intervenisse con provvedimento urgente per evitare l’aggravarsi dei danni già subiti dai cittadini, ordinando pertanto al sindaco di adottare tutti i provvedimenti necessari per contenere i livelli di inquinamento entro i limiti di legge.
Il ricorso evidenzia:
- l’elevato inquinamento da polveri sottili che caratterizza la città di Carrara;
- il nesso stringente tra la qualità dell’aria e il traffico pesante da e per le cave: nei periodi in cui i camion del marmo non viaggiano l’aria torna di buona qualità (rilevamenti AR-PAT);
- i rischi per la salute dei cittadini derivanti dall’inalazione protratta di polveri sottili, come evidenziato dalla letteratura scientifica;
- l’incapacità dell’Amministrazione comunale di Carrara di emanare provvedimenti realmente efficaci per limitare l’impatto inquinante del traffico pesante del marmo abdicando, di fatto, al proprio dovere di garantire il diritto alla salute dei cittadini.
Dal punto di vista processuale, l’aspetto più peculiare del ricorso è la richiesta di ordinare alla pubblica amministrazione precise misure di contenimento dell’inquinamento per impedire la violazione del diritto fondamentale alla salute, tutelato dalla Costituzione (anziché richiedere la condanna della pubblica amministrazione per le sue inadempienze).
1.2 Il processo
L’escussione dei testimoni (tutti amministratori e funzionari del Comune) ha rivelato l’inerzia del Comune, anche nel far rispettare le ordinanze emanate (i testimoni hanno candidamente dichiarato che non conoscevano i contenuti delle ordinanze né se esse fossero state rispettate).
La perizia tecnica disposta dal tribunale (CTU) –anche con analisi raffinate della composizione del PM10 di Carrara– ha evidenziato il nesso tra inquinamento da polveri e malattie e la rilevante responsabilità dei camion del marmo; in particolare, un’importante frazione del PM10 di Carrara non deriva tanto dagli scarichi dei camion, bensì dal materiale trasportato (soprattutto dai camion che trasportano detriti: scaglie di marmo e terre).
La CTU conclude suggerendo una serie di misure (tra cui una drastica riduzione del numero di camion giornalieri) di sicura e immediata efficacia per la riduzione dell’inquinamento atmosferico.
La difesa del Comune si è basata su:
- l’eccezione di incompetenza del giudice ordinario sull’operato della pubblica amministrazione;
- la presunta scarsa pericolosità della polvere di marmo;
- la presunta operosità del Comune;
- l’obiettiva difficoltà ad ottenere risultati rilevanti e a breve termine.
Al contrario, la difesa dei cittadini ha sottolineato:
- la competenza del giudice ordinario;
- la pericolosità delle polveri di Carrara (anche per elevati livelli di PM2,5 e di IPA);
- l’assoluta inadeguatezza delle misure adottate dal Comune, in quanto non rivolte alla fonte principale di PM10 (i camion del marmo) o, comunque, di fatto non applicate per mancanza di controlli;
- la concreta possibilità di ottenere risultati rilevanti e immediati.
1.3 I contenuti della sentenza
La sentenza è così riassumibile:
- la materia riguarda il diritto alla salute dei ricorrenti, rispetto al quale non è operante la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; in tale materia non vi è discrezionalità, ma obbligo ad adottare tutte le misure possibili per tutelare la salute dei cittadini; perciò il giudice ordinario può condannare la P.A. ad un “facere” specifico; a tal fine non è necessario dimostrare che il danno alla salute si sia verificato, ma che vi sia la concreta possibilità che tale danno si realizzi.
- i CTU hanno individuato nel trasporto pesante del marmo e, in particolare, in quello di scaglie e detriti (che rappresenta oltre l’80% del trasporto complessivo) uno dei fattori maggiormente significativi per la produzione del PM10;
- le misure adottate dal Comune non hanno inciso in modo rilevante sulla situazione, né è stato messo in atto un adeguato apparato di controllo; il limite giornaliero dei transiti del marmo si è basato sulle sole esigenze di sfruttamento dei bacini marmiferi, senza alcuna verifica tecnica dell’inquinamento prodotto;
- perciò, applicando l’art. 700 cod. proc. civ., dispone che il Comune di Carrara:
- potenzi l’impianto di lavaggio camion esistente e ne costruisca un altro entro 3 mesi;
- vieti il transito nel centro abitato ai camion non transitati nell’impianto di lavaggio e predisponga efficaci controlli permanenti per tutto l’orario di transito dei camion;
- realizzi posti di controllo permanenti per verificare la sola circolazione dei camion autorizzati e il rispetto di tutte le altre prescrizioni;
- obblighi le cave ad asfaltare le vie di arroccamento;
- autorizzi l’asporto delle sole scaglie e terre derivanti dalla normale attività estrattiva, vietando l’asportazione dai ravaneti (discariche di scaglie e terre sui versanti);
- doti le strade percorse dai camion di dossi limitatori di velocità (in modo che non possano superare i 20-25 km/h) e di canalette laterali per il deflusso delle acque;
- modifichi periodicamente i transiti, in modo da distribuire disagi e pericoli, rendendo meno rilevante l’esposizione a lungo termine.
2. La situazione di Carrara
2.1 Quadro della situazione attuale
Le condizioni di vivibilità urbana legate al traffico pesante del marmo (circa 2000 transiti il giorno: 1000 in senso ascendente e 1000 in senso discendente) sono drammatiche, violano la legge e comportano seri danni alla salute dei cittadini.
I punti salienti della situazione relativa alle polveri sottili (PM10) sono riassunti nella seguente tabella 1:
Come evidenziato nella seguente tabella 2, relativa alla Lugnola, le peggiori condizioni si verificano nel semestre autunno-invernale, mentre in quello primaverile-estivo la maggior velocità del vento favorisce la dispersione delle polveri sottili nell’atmosfera.
Globalmente, dunque, nei semestri caldi, la velocità del vento (3,1 km/h) è più che doppia di quella dei semestri freddi (1,4 km/h), la media del PM10 è 29,5 µg/m3 e i superamenti sono 2,1 per mese; nei semestri freddi, invece, la media del PM10 sale a 48,9 e i superamenti mensili a 12,4.
I limiti per il PM10 stabiliti dal D.M. 60/2002 sono riportati nella seguente tabella 3:
Confrontando la situazione di Carrara con i limiti di legge appare evidente che solo la zona del Colombarotto, non interessata dal traffico pesante e relativamente protetta anche da quello automobilistico, rispetta tali limiti o si avvicina molto ad essi (mancando un anno completo, i dati sono insufficienti per un giudizio conclusivo).
Le zone interessate dal traffico pesante (Lugnola e, ancor più, via Frassina), invece, superano largamente i limiti di legge. Va rimarcato che, sebbene si disponga solo dei dati puntuali delle centraline, essi indicano chiaramente che l’inquinamento da PM10 non interessa solo la zona della Lugnola e di via Frassina, bensì l’intero percorso dei camion (soprattutto da Torano alla zona industriale).
È più che verosimile, inoltre, che analoghe condizioni sussistano anche lungo tutto il percorso ascendente dei camion, probabilmente aggravate dalla maggior emissione di gas di scarico, soprattutto nei tratti in salita (da S. Ceccardo alla foce, all’imbocco della galleria della strada dei marmi).
In conclusione, l’inquinamento dell’aria da traffico pesante rappresenta un fattore di rischio sanitario per un’ampia frazione della popolazione, oltreché una condizione di illegalità.
Per quanto non si disponga di dati sull’inquinamento acustico (vista l’assenza di centraline di rilevamento), è inoltre molto probabile che analoghe considerazioni di illegalità e di danni sanitari da rumore sussistano lungo l’intero percorso ascendente e discendente dei camion, come risulta dalle poche rilevazioni degli anni precedenti.
A ciò si aggiunga il rischio per l’incolumità fisica legato all’intenso traffico pesante, al mancato rispetto dei limiti di velocità, alla caduta di massi, agli incidenti, al rischio di cadute (soprattutto per ciclisti e scooteristi) a causa del dissesto del manto stradale causato dai mezzi pesanti.
La composizione del PM10 della Lugnola è stata analizzata da due studi. Il primo, commissionato dal Comune alla Ambiente s.c., nel febbraio-marzo 2007, ha fornito i risultati sintetizzati in Tab. 4:
In conclusione, lo studio ha mostrato non solo la responsabilità dei camion nella produzione di PM10, ma anche una situazione sanitaria ancor più preoccupante del previsto, sia per il superamento del limite per gli IPA, sia per l’inattesa elevata concentrazione di PM2,5: in poche parole, le polveri di Carrara non sono soltanto eccessive in quantità, ma sono cariche di IPA (cancerogeni) e sono così sottili da penetrare negli alveoli polmonari e, da lì, in tutto l’organismo.
È proprio a seguito di questi risultati preoccupanti che il sindaco ha prontamente emanato l’ordinanza n. 13848 del 14 marzo 2007, che prevede una giornata di fermo camion il giorno successivo alla comunicazione ARPAT dell’avvenuto superamento del limite del PM10 per 3 giorni consecutivi.
Il secondo studio sulla composizione del PM10 della Lugnola, effettuato dall’università di Genova, su incarico del Tribunale, si è svolto nel periodo luglio-settembre 2007.
Lo studio, estremamente raffinato e dettagliato, è riuscito a quantificare il contributo di cinque “sorgenti” di PM10: a) “mare” (evaporazione del sale marino), b) “suolo” (risollevamento polveri), c) “combustioni + particolato secondario”, d) “traffico”, e) “trasporto marmo”. Le principali conclusioni dello studio sono riassunte nella tabella 5:
2.2 Misure finora adottate dal Comune
Va preliminarmente osservato che a partire dalla prima metà degli anni ’90, a causa dell’affermarsi del business del carbonato di calcio (ottenuto dalla macinazione delle scaglie di marmo), si è verificata un’impennata del traffico pesante: ai camion che trasportano blocchi, infatti, si sono aggiunti quelli dei detriti; oggi solo il 17% del materiale proveniente dalle cave è rappresentato da blocchi, mentre l’83% è costituito da scaglie e terre.
Questa improvvisa e massiccia impennata del traffico pesante ha reso insostenibili e fuori dei limiti di legge le condizioni di vivibilità urbana ed ha suscitato forti proteste dei cittadini, poi organizzatesi in comitati.
In un primo tempo, l’atteggiamento dell’Amministrazione comunale è stato quello di negare il problema, considerandolo alla stregua di un semplice “disagio” e considerando un po’ “esagerate ed esagitate” le proteste dei cittadini.
Poi, a fine luglio 2005, è stata installata la centralina della Lugnola, seguita da quelle di via Frassina (settembre 2006) e del Colombarotto (giugno 2007).
Di fronte al quadro molto preoccupante emerso dai dati delle centraline l’Amministrazione ha adottato alcune misure che, pur necessarie, non affrontavano il vero problema e si sono perciò rivelate decisamente insufficienti. Le principali misure adottate sono riassunte nella tabella 6:
Il punto 6 merita due approfondimenti. Il primo riguarda l’insufficienza dell’ordinanza, in quanto con alcune giornate di fermo camion, il numero di superamenti annui verrebbe sì ridotto, ma resterebbe certamente ancora molto al di sopra dei 35 ammessi dalla legge. Tuttavia, nonostante la sua insufficienza, l’ordinanza avrebbe il merito (se applicata) di manterrebbe almeno alta l’attenzione dei camionisti sulla necessità di una scrupolosa pulizia dei loro mezzi.
Il secondo approfondimento sul punto 6 riguarda la recente scelta di non computare (nel calcolo dei 3 superamenti consecutivi necessari a far scattare il fermo camion) i superamenti verificatisi di sabato e domenica, con la motivazione che questi non possono essere attribuiti ai camion.
A smentita di questa motivazione si riporta il seguente grafico, elaborato da Legambiente sui dati ARPAT della centralina della Lugnola (dal 29/7/05 al 29/2/08).
Il grafico mostra la media del PM10 secondo il giorno della settimana, distinguendo i giorni senza camion (colonne verdi: sabati, domeniche, ferie, festività, scioperi) e con camion (colonne rosse). Poiché il numero medio giornaliero di camion resta sostanzialmente costante, la crescita progressiva del valore medio del PM10 dal lunedì al venerdì (di 7 µg/m3 il giorno) nei giorni con camion dimostra che ogni giorno una frazione delle polveri sottili rimane sospesa nell’aria, andando ad aggiungersi a quelle emesse dai camion il giorno successivo.
Per quanto si tratti di un dato ben noto, il grafico ci fa “toccare con mano” il fenomeno in maniera eloquente. Ciò spiega la responsabilità dei camion anche nei superamenti talora registrati di sabato e domenica, soprattutto nei mesi invernali (nei quali le condizioni meteorologiche non favoriscono l’allontanamento delle polveri nell’alta atmosfera).
Un’altra conferma viene dal fatto che nei giorni consecutivi senza camion la concentrazione di PM10 scende mediamente di 7 µg/m3 il giorno (dai 36 µg/m3 del sabato ai 22 del lunedì), smaltendo gradualmente le polveri accumulate nel corso della settimana.
In conclusione, il mancato conteggio dei superamenti di sabato e domenica non viola solo l’ordinanza, ma è anche ingiustificato sul piano scientifico.
In conclusione, non solo le misure finora adottate sono assolutamente insufficienti, ma le iniziative dell’attuale Amministrazione hanno ulteriormente ridotto l’efficacia –già molto scarsa– delle misure di contenimento dell’inquinamento adottate dall’Amministrazione precedente.
Oltre all’applicazione estremamente permissiva dell’ordinanza, vanno ricordati l’anticipo di una settimana (ad inizio 2008) della ripresa del transito pesante (motivato dal miglioramento verificatosi nel 2007: “solo” 81 superamenti!) e alcune dichiarazioni preoccupanti, tra le quali l’eventualità, prospettata nel gennaio 2008, di basarsi unicamente sui dati della centralina del Colombarotto, trascurando i dati di quella della Lugnola.
La preoccupazione principale dell’Amministrazione sembra quella di “non dare fastidio” ai camion, chiedendo ai cittadini di pazientare fino alla realizzazione della strada dei marmi.
Peraltro questo atteggiamento di “comprensione” verso il trasporto marmo è probabilmente all’origine della accresciuta polverosità dei camion (oggi visibilmente molto più sporchi di quanto fossero nel 2007).
Considerata la condizione di illegalità del nostro Comune (in relazione alla qualità dell’aria, all’inquinamento acustico e al mancato rispetto dell’ordinanza del fermo camion) e il valore preminente della salute umana, ribadito anche recentemente dalla Corte Costituzionale, sembra invece doveroso che d’ora in poi venga chiesto di pazientare non più ai cittadini (ormai giunti all’esasperazione), ma ai camion.
2.3 Le proposte Legambiente
Considerato che tutti i dati e gli studi disponibili individuano concordemente la fonte principale del PM10 nel trasporto del marmo e dei suoi detriti, ogni strategia che voglia realmente ridurre l’inquinamento atmosferico di Carrara non può prescindere da misure efficaci rivolte espressamente a tale fonte.
A tal fine si indicano di seguito alcune misure, non esaustive, che porterebbero indubbiamente a risultati rilevanti e immediati.
Carrara, 3 maggio 2008
Legambiente Carrara
Per saperne di più:
Leggi l’ordinanza del giudice Bartolini, con le disposizioni impartite al comune:
Processo polveri sottili: il testo dell’ordinanza del giudice Bartolini, le disposizioni impartite al comune (24/4/2008)