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Processo polveri sottili: il testo dell’ordinanza del giudice Bartolini, le disposizioni impartite al comune

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TRIBUNALE DI MASSA
SEZIONE DISTACCATA DI CARRARA

 

II Giudice, in esito alla riserva formulata all’udienza del 22.2.2008;

visti gli atti e le memorie autorizzate;


osservato, sotto il profilo della Giurisdizione:

che la materia in esame riguarda il diritto alla salute dei ricorrenti, quali abitanti del Comune di Carrara, rispetto al quale non è operante la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

che, infatti, anche nella disciplina dei servizi pubblici dove tale giurisdizione si è particolarmente estesa, la Corte Costituzionale è intervenuta ponendovi un limite significativo quando, con la sentenza 204 del 6.7.2004, ha dichiarato incostituzionale per eccesso di delega l’art. 33 del Decreto Legislativo 31.3.1998 n°80, che aveva attribuito al giudice amministrativo tutte le controversie in tema di servizi pubblici senza alcun riferimento alla specificità della situazione giuridica coinvolta;

che tale specificità, invece, è stata ritenuta dalla Corte come elemento imprescindibile, perché l’attribuzione della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo deve in ogni caso rientrare nell’ambito della separazione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, come risultante dagli artt. 102 e 103 della Costituzione;
che la questione in esame è caratterizzata proprio dal fatto che si verte in materia di diritti soggettivi assoluti, quale è il diritto alla salute che costituisce l’oggetto della domanda;

che il riconoscimento del diritto soggettivo dei ricorrenti alla particolare tutela invocata, non è negato in se (sono stati emessi al riguardo numerosi atti amministrativi che impongono vincoli sia all’attività estrattiva del marmo, sia a quella di trasporto del prodotto scavato), ma è concretamente tutelato in forme ritenute inadeguate e, quindi, tali da violarne in modo rilevante i contenuti essenziali;

che l’oggetto degli interventi di tutela appena indicati, avendo la finalità di salvaguardare il predetto diritto alla salute nella sua espressione più generale ed ampia (in quanto non riferita a singoli episodi ma alla situazione ambientale complessiva del centro abitato del Comune di Carrara), non può essere considerato come semplice espressione di quella discrezionalità amministrativa che non è sindacabile dal giudice ordinario (legge sul contenzioso amministrativo 20.3.1865 n. 2248, allegato E, e norme costituzionali sopra citate), perché, in materia, non vi è discrezionalità, ma obbligo di adottare tutte le misure possibili per evitare che la salute degli abitanti (e, quindi, dei ricorrenti) sia messa concretamente in pericolo;

che, pertanto, richiamando quei principi di diritto enunciati dalla costante e consolidata giurisprudenza di legittimità, a tenore dei quali:

“Anche nel nuovo quadro di riparto della giurisdizione in materia di pubblici servizi, di cui all’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205, l’inibitoria con la quale il privato chieda nei confronti della pubblica amministrazione o dei suoi concessionari l’emanazione da parte del giudice di un ordine di interramento della linea elettrica costruita e messa in esercizio a ridosso della sua abitazione per il pericolo alla salute derivante dall’esposizione al campo elettromagnetico, a causa della breve distanza, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario: atteso che la pubblica amministrazione è priva di qualunque potere, ancorché agisca per motivi di interesse pubblico, di affievolire o di pregiudicare indirettamente il diritto alla salute, il quale, garantito come fondamentale dall’art. 32 cost., appartiene a quella categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne che ne mettano in discussione l’integrità.
(C. App. Potenza 13 novembre 2003).

Cassazione civile , sez. un., 08 novembre 2006, n. 23735.
Giust. civ. 2006, 12 2692,

va affermata la giurisdizione del giudice ordinano in relazione alla domanda in oggetto, volta a tutelare il diritto alla salute dei ricorrenti che sarebbe pregiudicata, dallo svolgimento dell’attività estrattiva del marmo dalle cave del comprensorio e, soprattutto, dalle modalità con le quali viene eseguito il trasporto a valle del materiale estratto (petitum sostanziale, secondo la prospettazione dei ricorrenti e la valutazione delle carte processuali),


considerato, in merito al sindacato su provvedimenti amministrativi:

che la mancanza di discrezionalità amministrativa di cui si è detto opera anche in questa direzione, perché di fronte all’obbligo di attuare tutti i rimedi tecnicamente possibili al fine di evitare il paventato danno alla salute dei ricorrenti, non si pone alcun potere di supremazia del Comune di Carrara, ma soltanto il suo dovere di attivarsi in concreto e, quindi, sia con provvedimenti, sia con comportamenti efficacemente esecutivi dei medesimi, per evitare che il danno si verifichi o, quanto meno, per ridurne gli effetti;

insegnano infatti i giudici di legittimità:

“Il giudice ordinario può condannare la p.a. ad un “facere” specifico, allorché ciò sia necessario per eliminare il pregiudizio derivante dall’illecito permanente da essa commesso lesivo del diritto di salute dell’individuo. (Nella specie il “facere” consisteva nella rimozione di un depuratore installato ad una distanza inferiore a quella prescritta).
Cassazione civile , sez. un., 20 febbraio 1992. n. 2092.
Giust. civ. 1993, I, 749. nota SALVAGO.

Il divieto imposto al giudice ordinario dall’art. 4 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E di condannare la p.a. ad un “facere” specifico, non opera nel caso in cui sia stata richiesta al giudice ordinario la rimozione di situazioni materiali riconducibili all’attività della p.a. che si presentino in contrasto con i precetti posti dalla prudenza e dalla tecnica a salvaguardia di diritti soggettivi altrui. In tal caso, infatti, non viene in discussione l’esercizio del potere, normalmente discrezionale, della stessa p.a. ma la necessità del ripristino delle condizioni di legalità per il che non può configurarsi la possibilità di una scelta diversa rispetto a quella costituita da tale ripristino. Nè rileva che l’azione contro la p.a. sia stata proposta a tutela di un diritto suscettibile di affievolimento, quale il diritto di proprietà, ove manchi un provvedimento ablativo idoneo a comprimere o a degradare i diritti dei privati (fattispecie in tema di danni cagionati a proprietà private da lavori di sistemazione stradale).
Cassazione civile, sez. III. 25 febbraio 1999. n. 1636. Giust. civ. Mass. 1999, 40.


ritenuto, in tema di contraddittorio:

che la domanda è rivolta contro il Comune di Carrara quale soggetto competente a regolamentare l’attività estrattiva del marmo, e se è vero che il frutto di tale regolamentazione è suscettibile d’incidere sui diritti e sugli interessi di chiunque sia coinvolto nel settore, sia direttamente, sia indirettamente, è altrettanto vero che ciò è il frutto intrinseco della funzione;
che la verifica di tale funzione, attraverso le sue articolazioni concrete, prescinde dal sindacato sul comportamento degli altri soggetti attivi nel settore, in quanto costoro operano in una fase solo successiva alla predetta regolamentazione ed in conseguenza di essa;


valutato, in relazione all’astratta configurabilità di un diritto suscettibile di tutela cautelare (fumus boni iuris):

che i consulenti tecnici d’ufficio hanno chiaramente riferito sulla pericolosità, per l’organismo umano, dell’esposizione al particolato denominato PM10, indipendentemente da qualsiasi valore di soglia, e la circostanza non risulta smentita in atti;
che questo significa, da un lato, che è praticamente impossibile eliminare del tutto detta esposizione, ma, dall’altro, che ogni superamento dei valori massimi consentiti dalla legislazione vigente, implica un aggravamento della predetta pericolosità e, quindi, una violazione del diritto alla salute di chiunque si trovi (suo malgrado o meno) esposto alla inalazione delle polveri indicate;

che, infatti, come insegnano i giudici di legittimità, il predetto diritto deve essere tutelato anche in via preventiva, e cioè quando ancora il danno non si è materializzato, purché ci si trovi di fronte ad una situazione oggettivamente rilevante in ordine alla concreta possibilità che si realizzi:

“la tutela giudiziaria del diritto alla salute in confronto della p. a. può essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie se, prima ancora che l’opera pubblica venga messa in esercizio nei modi previsti, sia possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta iniziato l’esercizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di compromissione per la salute di chi agisce in giudizio. (Nella specie, l’Enel era stato autorizzato a costruire un elettrodotto a distanza di circa 30 metri da un’abitazione, il cui proprietario chiese che fosse accertata la pericolosità dell’opera ed il danno derivante alla salute per l’esposizione ai campi elettromagnetici, con conseguente risarcimento del danno costituito dalla diminuita abitabilità dell’immobile. La S.C., sulla base dell’enunciato principio di diritto, ha cassato la sentenza del merito, che aveva respinto la domanda sul presupposto che l’elettrodotto era stato costruito sulla base di provvedimenti legittimi e non impugnati e che, peraltro, esso non era ancora entrato in funzione, sicché era impossibile accertare la situazione di pericolo che si sarebbe generata una volta intervenuta la messa in esercizio).
Cassazione civile, sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893”;

che nel caso in esame detta concreta possibilità è stata, come detto, accertata, soprattutto con riferimento alla ripetuta violazione dei valori massimi consentiti dalla legislazione richiamata dai CTU e pacificamente ritenuta applicabile, con riguardo alle registrazioni delle centraline di rilevamento posizionate in località Lugnola ed in via Frassina;

che se è vero che un’esposizione ai PM10 a lungo termine (indice annuale medio non superiore a 40 µg/m3) produce effetti più rilevanti sulla salute rispetto a quella a breve termine (limite medio giornaliero di 50 µg/m3 superabile per non più di 35 volte in un anno), è altrettanto vero che il reiterato superamento del limite annuale (verificato in atti) non rileva più sotto il profilo del breve termine, perché sottopone l’organismo umano ad una pluralità di esposizioni acute oltre il limite legale, la cui sommatoria non può non rilevare in termini di alterazione della loro valenza tipica per acquisire quella più imponente dell’esposizione cronica. E ciò sarà tanto più rilevante, quanto maggiore sarà il numero dei giorni di superamento del valore soglia;

che le analisi e le rilevazioni eseguite sia dai CTU sia dagli strumenti fissi predisposti per il controllo dal Comune di Carrara e dalla Provincia di Massa Carrara, hanno evidenziato numerose violazioni del limite annuale giornaliero, sia in località Lugnola, sia, ed in modo ancor più significativo, in Via Frassina;

che il permanere della situazione attuale non potrà che determinare il continuo e costante ripetersi delle predette violazioni, perché i CTU hanno individuato come uno dei fattori maggiormente significativi per la produzione della precisata polverosità, il traffico pesante addetto al trasporto dei marmi ed, in particolare, quello relativo alle scaglie ed ai detriti, che rappresenta circa l’80% dei trasporti complessivi; e questo perché i valori medi giornalieri di µg/m3 riscontrati in località Lugnola durante il.2006 (più favorevoli rispetto a quelli di Via Frassina) sono risultati pari a 26 nei giorni con assenza di traffico proveniente dalle cave ed a 51 nei giorni con presenza di tale traffico;

che come ulteriore importante fattore d’inquinamento è stato individuato dai CTU il risollevamento delle polveri già depositatesi sulle strade cittadine, per effetto dei continui passaggi degli autocarri, e degli altri mezzi; il che, quindi, rileva anche per i percorsi di risalita, quando gli autocarri procedono scarichi verso il monte;


considerato, quanto al requisito del danno grave ed irreparabile:

che la problematica è strettamente correlata alla stessa natura del diritto in esame perché la sua violazione, ove sia idonea a produrne una lesione, determina un danno non riparabile, in quanto il possibile risarcimento per equivalente economico non è in grado di rimuovere gli effetti ormai prodottisi sul bene salute;

che gli accertamenti eseguiti dalla società Ambiente S.C. su incarico del Comune di Carrara, sia pure ancora non completi ed esaurienti, hanno posto in evidenza anche una rilevante presenza di polveri PM2,5 (quantitativo pari al 90% in sette degli otto campioni esaminati nel periodo 28.2.2007 – 6.3.2007), assai più pericolose per la salute umana rispetto a quelle di diametro maggiore (PM10);

che, come hanno precisato i CTU “tra gli effetti cronici, quindi a lungo termine, è eclatante l’aumento dell’8% della mortalità per cancro del polmone per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM 2,5 “

che secondo un’indagine epidemiologica eseguita nel 2006 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nell’area di Massa Carrara è stato riscontrato un aumento degli indici di mortalità rispetto a quella regionale (CTU pag. 42);

che nel 2007 sono stati riscontrati 78 superamenti giornalieri dei valori medi consentiti in località Lugnola e 227 in Via Frassina, contro il limite massimo di 35 ammesso dalla normativa vigente;

che, pertanto, è inevitabile concordare con i CTU quando affermano che una parte della popolazione di Carrara (ed in particolare quella residente nelle località sopra citate come è il caso dei ricorrenti) subisce frequenti esposizioni a valori giornalieri oltre il limite;

preso atto che lo stesso Comune di Carrara ha dimostrato di condividere le valutazioni sopra espresse in termini di pericolosità della situazione ambientale del territorio comunale, adottando vari provvedimenti limitativi del traffico pesante (doc. 5, 6, 7, fascicolo Comune Carrara ed altri), oltre al Piano di Azione Comunale 2007, adottato con delibera n° 328 del 24.7.2007;

constatato che detti provvedimenti non hanno tuttavia inciso in modo rilevante sulla situazione, visto che i CTU hanno accertato non soltanto che i superamenti dei valori limite vi sono stati, ma che continuano;

ritenuto che ciò può dipendere non soltanto dalla difficoltà della materia e dalla inadeguatezza degli interventi programmati, ma, e soprattutto, dalle modalità esecutive attuate che, come si rileva dalle testimonianze assunte, non hanno costituito sul territorio un efficace ed efficiente apparato di controllo circa la loro effettiva osservanza (il riferimento è, in particolare, alla verifica del numero dei viaggi, della copertura dei mezzi, dell’effettività del lavaggio, della sistemazione delle strade di discesa dal monte, dell’asfaltatura degli accessi di cava, degli interventi solo sanzionatori sulle violazioni, inadatti ad impedire la loro reiterazione e quant’altro);

considerato che la delibera che ha posto un limite massimo giornaliero al passaggio degli autocarri attraverso il centro cittadino (n°312 del 30.5.2005) si è basata essenzialmente sulla verifica di fatto dei viaggi eseguiti normalmente (teste Marisaldi Mario) e, quindi, sulle sole esigenze di sfruttamento dei bacini marmiferi senza alcuna verifica tecnica dell’inquinamento prodotto;

valutato che le indagini sull’inquinamento dell’aria che sono state eseguite impongono, invece, una rivalutazione complessiva degli interessi contrapposti al fine di distribuire i modo equo i sacrifici necessari fino all’entrata in funzione della nuova strada dei marmi, che dovrebbe risolvere il problema alla radice;

ritenuto che l’istruttoria deve essere approfondita per quanto riguarda l’inquinamento da polveri PM 2.5 ma che l’emergenza della situazione impone interventi immediati, ancorché provvisori;

P.Q.M.

letto ed applicato l’art. 700 cod. proc. civ., accoglie il ricorso d’urgenza presentato da Lia Marchetti più sedici e

DISPONE

che il Comune di Carrara:

  1. provveda a dare più efficace attuazione al proprio provvedimento che impone agli autocarri che scendono dal monte di transitare dall’impianto di lavaggio realizzato a valle della pesa di Torano, potenziandolo, dotandolo di adeguato sistema d’asciugatura, di strumenti che impongano la permanenza dei mezzi in sito fino al termine delle operazioni (sbarra automatica) e di efficaci controlli permanenti per tutto l’orario giornaliero consentito per il trasporto;
  2. predisponga, in un arco di tempo ragionevole (non superiore a tre mesi), un nuovo impianto dalle caratteristiche analoghe onde poter sottoporre al lavaggio anche gli autocarri che trasportano blocchi e, possibilmente, ogni altro veicolo impiegato professionalmente per accedere ai luoghi di estrazione;
  3. vieti il passaggio nel centro abitato dei mezzi che non siano transitati per l’impianto di lavaggio;
  4. istituisca un contrassegno visivo esterno per tutti gli autocarri autorizzati ad accedere al monte, tenendo in preminente considerazione la loro qualità tecnica in termini di adeguamento alle norme antinquinamento vigenti in materia di circolazione stradale e di emissioni inquinanti;
  5. realizzi posti di controllo permanenti al fine di verificare la circolazione dei soli autocarri autorizzati (delibera n.312 del 30.5.2005) ed il rispetto di tutte le altre prescrizioni impartite;
  6. controlli in modo efficace che le autorizzazioni concesse per le esigenze di sicurezza dell’attività d’escavazione (120 viaggi giorno) siano effettivamente utilizzate per tale fine;
  7. esegua un monitoraggio completo dei siti di lavorazione al monte, accertando se i titolari di autorizzazione all’estrazione del marmo abbiano provveduto all’asfaltatura degli accessi alle cave, nei termini e con le modalità prescritte nel provvedimento 16.9.05 dell’Ing. Altieri, adottando, in ogni caso d’inottemperanza tutti i provvedimenti necessari per il suo effettivo rispetto;
  8. autorizzi l’asporto di scaglie di marmo e di detriti solo per quanto deriva dall’attività estrattiva corrente, escludendo lo sfruttamento dei ravaneti già consolidati fino all’apertura della strada dei marmi, con limitazione progressiva tendente allo zero nel termine di tre mesi;
  9. predisponga ogni intervento necessario per dotare le strade di accesso al monte di apposite canaline laterali per il deflusso delle acque;
  10. installi lungo il percorso degli autocarri sia verso valle, sia verso monte, dossi limitatavi di velocità in modo che non possano superare la velocità di 20 – 25 km/h;
  11. predisponga uno studio della viabilità cittadina in modo da prevedere percorsi alternativi idonei a modificare periodicamente i transiti (sia verso monte, sia verso valle) al fine di distribuire il disagio ed il pericolo su diverse zone della città, rendendoli così meno rilevanti (riduzione dell’esposizione a lungo termine),

FISSA

per l’ulteriore istruttoria della causa l’udienza del 23.5.2008 ad ore 10,30 e seguenti;

Carrara 24.4.2008

Il Giudice
G. Bartolini

 



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