Contro l’estrattivismo, un nuovo approccio basato su ambiente e beni comuni
Le Alpi Apuane, patrimonio unico di bio e geo-diversità, riconosciuto a livello europeo e mondiale, con le loro risorse e i territori sottostanti, sono fortemente compromesse da un vorace estrattivismo che, accaparrandosi quelle stesse risorse e devastando l’ambiente, espropria le comunità locali del loro presente e del loro futuro, imponendo un modello economico che ha ridotto un già fiorente comprensorio marmifero in un distretto minerario, con una conseguente perdita di saperi, di occupazione, di ricchezza e, non ultima, di coesione sociale.
Si tratta di fenomeni diffusi a livello mondiale che attraverso l’appropriazione delle ricchezze naturali ma anche, più in generale, di dati, di conoscenze, di competenze, tendono a porsi in posizione di comando nell’assetto complessivo del capitalismo e quindi anche di condizionamento, quando non di occupazione, degli stessi assetti istituzionali.
In questo particolare momento, oltre alle gravi e ben note emergenze ambientali e sociali indotte dalle attuali modalità di escavazione che indichiamo qui solo sommariamente (rischio idraulico e rischio idrogeologico, vulnerabilità dell’acquifero dovuta alla cattiva gestione della marmettola da parte delle aziende, devastazione del paesaggio e di interi ecosistemi, distruzione di ingenti risorse lapidee, consistente perdita occupazionale a fronte di un aumento esponenziale dell’escavazione, rischio sul lavoro, arricchimento di pochissimi e impoverimento della collettività, compromissione del patrimonio e delle testimonianze storiche e archeologiche), stiamo vivendo anche un’importante emergenza che riguarda le regole che disciplinano l’attività estrattiva e gli stessi assetti proprietari delle cave.
È in corso una pesante offensiva da parte industriale per un’ulteriore “espropriazione” ai danni delle comunità locali (Carrara e Seravezza in particolare), un’offensiva che si fa strada attraverso gli spazi consentiti dalla normativa regionale vigente e nell’inerzia, quando non nella complicità, di tutti gli altri livelli istituzionali.
Nel caso di Seravezza è previsto addirittura un accordo tra Amministrazione ed Henraux S.p.a. per la cessione a quest’ultima di tutte le terre di demanio collettivo appartenenti alla comunità dei residenti nelle frazioni apuane del Comune di Seravezza mentre a Carrara si tornerebbe alla situazione antecedente il 1994, quando gli agri marmiferi erano nella piena disponibilità delle imprese del marmo.
Questa offensiva non parte da ora e non si limita a questo specifico aspetto, ma ha già raggiunto importanti e preoccupanti risultati, in modo particolare attraverso il Piano Regionale Cave che prevede un aumento dei contingenti escavabili nei prossimi vent’anni e delle percentuali di detriti ammissibili, nonché un ampliamento delle aree estrattive con un rilevante aumento dell’inquinamento e del traffico pesante e un’ulteriore penalizzazione della fruibilità della montagna e dei sentieri della viabilità storica dell’escursionismo; inoltre il nuovo P.I.P. (Piano Integrato del Parco), in via di adozione da parte della Regione Toscana, nonostante la riduzione della superficie generale delle aree contigue di cava rispetto al Piano precedente, non è riuscito a effettuare più coraggiose riduzioni delle aree estrattive intercluse nel Parco, prevedendone anzi di nuove. Addirittura, in questo ultimo periodo, sembra aprirsi una nuova e inquietante fase di questo attacco alle Apuane e a qualsiasi, sia pur timido e insufficiente, tentativo di pianificazione territoriale: i sindaci dei comuni di Pietrasanta, Seravezza e altri comuni versiliesi intendono imporre un importante ampliamento delle escavazioni che sarebbe portatore di nuove e gravi devastazioni proprio in aree interessate da notevoli fenomeni carsici già oggetto di specifico censimento. Le nostre associazioni si opporranno al tentativo di questo nuovo sfregio all’ambiente con la più ferma decisione.
Tutto il movimento a tutela delle Apuane, che ha prodotto nel tempo numerosi documenti e organizzato tante iniziative, è fermamente intenzionato a dare continuità all’impegno assunto, già negli anni settanta, per salvaguardare le Apuane con l’istituzione di un Parco; questo impegno, si è arricchito in questi ultimi anni di nuovi contenuti e di nuove consapevolezze, coniugando sempre di più questione ambientale e questione sociale. Gli Stati Generali delle Apuane del 14 maggio 2016, le manifestazioni del 2020 (4 gennaio a Massa e 24 ottobre a Carrara), il convegno del 9 settembre 2023 e le giornate del 16 e del 17 dicembre scorso sono stati momenti importanti di questo ampliamento di visione e di prospettiva.
Siamo consapevoli del fatto che il momento attuale può essere decisivo per imprimere un’inversione di tendenza rispetto ai devastanti processi in atto o, almeno, un loro arresto. Senza di questo, tra vent’anni, resterà poco di diverse parti delle Apuane e, forse, la lavorazione del marmo sarà sostituita dalla produzione di mattonelle e prodotti simili, realizzati con quegli scarti dell’escavazione che non vengono utilizzati dall’industria del carbonato di calcio. Tutto ciò, mentre una narrazione tossica racconta questa devastazione ecologica e sociale come fosse coerente con l’opera dei grandi scultori ed architetti che hanno reso famoso il nome di Carrara e mentre le briciole di quanto viene sottratto alla comunità e all’erario vengono “benevolmente” devolute a questa o quella associazione, per questo o quell’intervento.
Siamo convinti che l’attuale modello di sviluppo, a livello mondiale e declinato in maniera così peculiare nella nostra realtà, non sia né ambientalmente né socialmente sostenibile.
L’estrattivismo, in modo particolare, è uno dei principali fattori di tale impatto mentre l’escavazione di sostanze naturali dal sottosuolo dovrebbe essere contenuta al minimo indispensabile soltanto per il soddisfacimento di bisogni primari della collettività, secondo modalità definite da una pianificazione democratica e partecipata. Di più: si pone in contrasto con lo stesso ordinamento Costituzionale che con la riforma della L. Cost. 1/2022 ha con nitida formulazione dichiarato che «la Repubblica … tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni» (art. 9) e che «l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41).
Leggiamo, anche, alcuni positivi segnali verso l’affermazione di modelli di sviluppo sostenibile che provengono da una parte del mondo sindacale. Guardiamo con attenzione anche ad alcuni pronunciamenti della Giustizia Amministrativa che hanno affermato che lo sfruttamento della risorsa marmo arreca danni alla collettività (per cui «il contributo di estrazione» non costituisce un “tributo” bensì un “indennizzo”).
Siamo consapevoli del fatto che, per quanto urgente, un tale cambiamento dei modelli economici e sociali richieda ancora molto impegno e determinazione da parte di chi, come noi, si è battuto, si batte e continuerà a battersi per questa finalità.
Con questa prospettiva e su questo cammino siamo pertanto impegnati, nel territorio delle Alpi Apuane, a convergere unitariamente su una campagna che si proponga il raggiungimento dei seguenti obiettivi – transitori ma pur realizzabili in tempi brevi:
- Ridefinizione dei contingenti escavabili sulle Alpi Apuane in base alla sostenibilità dei suoi ecosistemi e alle capacità di lavorazione della filiera locale dei prodotti lapidei e non alle potenzialità derivanti dalla domanda dell’industria edilizia e delle esportazioni estere
- Superamento della generica definizione di “filiera locale” a favore di una analitica descrizione della stessa che tenga conto soltanto delle produzioni artistiche e lapidee ad alta e buona occupazione, escluda altre produzioni destinate all’edilizia, alla chimica o ad altri settori industriali e non si riduca alla segagione in lastre storicamente ben distinta, nei nostri territori, dai marmi lavorati.
- Reale ed effettiva esclusione di ogni attività estrattiva nel Parco delle Alpi Apuane e conseguente chiusura delle escavazioni nelle cosiddette Aree Contigue di Cava, in realtà per lo più ampie aree intercluse nei confini naturali del Parco, spesso direttamente confinanti con zone di protezione speciale di grande valore ambientale.
- Concreta incentivazione di processi socio-economici virtuosi, d’insediamento di nuove attività agricole (basate su produzioni biologiche e locali di qualità), di nuova “economia civile” connessa ai servizi e al turismo sostenibile, tutti obiettivi prioritari per lo Statuto e le norme del Parco Regionale delle Alpi Apuane.
- Piena riaffermazione delle proprietà pubbliche e collettive esistenti sulle Apuane, oggetto nel tempo di usurpazioni, occupazioni e pretese da parte dell’industria estrattiva.
- Rifinanziamento e riattivazione dei controlli sulle cave da parte di ARPAT e degli altri organi di polizia giudiziaria; modifica normativa della gestione dei detriti (di cui è imperativo ridurre la quantità prodotta), che preveda la rimozione delle terre dai ravaneti per prevenire nuove alluvioni; adozione di misure atte a evitare che il recupero ambientale delle cave dismesse e dei ravaneti sia l’occasione per l’estrazione di marmo e per incrementare la produzione di carbonato di calcio.
Su questi obiettivi di transizione, chiameremo a partecipare cittadini, organizzazioni dei lavoratori e altre associazioni, al fine di costruire un ampio movimento che contrasti la devastazione e prospetti un diverso modo, rispetto a quello estrattivista, di gestire il territorio, le risorse naturali e gli stessi rapporti sociali.
Firenze, lì 8 febbraio 2024
Italia Nostra – Sezione Toscana
Mountain Wilderness Italia
Comitato Comunità Civica della Cappella
Per saperne di più:
Stati Generali delle Alpi Apuane: ATTI dell’incontro nazionale (14/5/2016)