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Cave di marmo o miniere di polvere?

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La lettura delle cronache di stamani desta sconcerto: da un lato il Comune e le (pur recalcitranti) imprese estrattive discutono sui sistemi informatici con i quali garantire i controlli sulla tracciabilità dei materiali lapidei estratti dagli agri marmiferi in concessione; dall’altro si legge di ricorsi al TAR promossi da aziende che reclamano “diritti” sui beni estimati.

Ancora più sconcertante che una di queste imprese sia una multinazionale che di “lapideo” ha veramente poco e che (per proprio stesso company profile) «produce e vende carbonato di calcio naturale micronizzato, in polvere, con trattamento superficiale, granulato ed in sospensione acquosa».

Non vogliamo qui entrare nel merito della natura giuridica dei beni estimati, rispetto alla quale la nostra posizione è da sempre chiara. Ma – al di là di come la si pensi – resta il dubbio di fondo: se, cioè, le cave di marmo di Carrara possano essere oggetto di “diritti” per chi le utilizza come una miniera a cielo aperto di sostanze chimiche destinate a molteplici usi (sempre dichiarati sul proprio sito web) nessuno dei quali neppur lontanamente legato alla valorizzazione della pietra ornamentale.

Con Brecht oggi ci chiediamo se “ci sarà pure un giudice a Berlino” capace di una sentenza coerente con la nuova formulazione degli articoli 9 (“La Repubblica… tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”) e 41 (“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana) della Costituzione”.

Carrara, 18 novembre 2023
Legambiente Carrara
 



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