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Un patto intergenerazionale per salvare le Alpi Apuane dalla distruzione

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(A cura dei Circoli e della Direzione di Legambiente Toscana)

 

Verso il corteo del 24 ottobre 2020 a Carrara

Il nostro XI Congresso Regionale, svoltosi a Carrara il 19-20 ottobre 2019, ha conclamato che la vertenza ambientale più difficile che stiamo affrontando in Toscana è proprio quella del distretto lapideo apuano. In questa battaglia, c’è, però, anche un prima e un dopo. Ci riferiamo agli Stati Generali delle Alpi Apuane, celebrati il 14 maggio 2016 a Pietrasanta. Mesi di preparazione dell’evento sono serviti a mettere a punto una strategia fortemente condivisa coi nostri alleati.

Con le altre associazioni, coi comitati, con tutti i cittadini innamorati di questa splendida catena montuosa. Da allora, non c’è osservatore che possa dire d’ignorare i contenuti del nostro Manifesto per le Alpi Apuane, citato in ogni contesto in cui si parli di ritorno alla montagna, di riscatto delle aree interne, di promozione di modelli di sviluppo alternativi alla monocoltura estrattiva. Un documento coraggioso di analisi, di denuncia e di proposta ancora in tutto attuale.

Partiamo da alcune evidenze territoriali. Un ambito paesaggistico unico al mondo, incastonato per oltre 60 km tra i due bacini del Magra e del Serchio, caratterizzato da pendii ripidi, antri e grotte, circhi glaciali, oltre che dal più esteso sistema carsico d’Italia e da meravigliosi ecosistemi fluviali; ancora: da praterie montane, brughiere, torbiere e garighe; da agroecosistemi tradizionali di pregio; e da tantissimi toponimi che ci parlano di un’antropologia locale profondamente segnata dalle cave. In tutto, 30 habitat d’interesse comunitario, 152 specie di rilievo conservazionistico censite, il 50% di tutta la biodiversità regionale concentrato in questo angusto lembo di territorio. Insomma, un luogo straordinario che, nella sua fragilità, è sottoposto con intensità crescente alla pressione estrattiva.

Tutto, sulle Apuane, ci parla di marmo. Dal Carrione all’Altissimo, dalle pendici erose del Sagro, fino alle lapidi in memoria delle stragi nazifasciste dell’estate 1944. Ciò che non è banale domandarsi oggi è come sia stata possibile un’accelerazione tanto distruttiva dell’escavazione. Un prelievo che aveva sostentato le popolazioni locali sin dall’epoca romana, e che ha poi trovato un suo equilibrio fino almeno agli anni Sessanta del secolo scorso. Poi, la rivoluzione dei trasporti su gomma e l’avvento del filo diamantato e delle tagliatrici a catena, hanno decuplicato la voracità dell’estrazione. Le cifre sono impressionanti. Nel comparto insiste, infatti, 1 cava ogni 3 km2 e questa densità cresce a 7 cave per km2 nella sola area di Carrara. Sono quasi 600 in tutto, di cui 150 attive, oltre la metà delle quali nel solo bacino carrarese. Nell’arco di un secolo, siamo passati da qualche migliaio a qualche milione di tonnellata estratta all’anno. Con percentuali di prelievo per blocchi che si attestano a circa il 20%. Il resto è detrito, scaglie, polveri di marmo e terre di cava. Marmettola e ravaneti ovunque. In parole povere: un modello predatorio, che ha alimentato il business internazionale del carbonato di calcio, impiegato come sbiancante nell’edilizia e nella cosmesi. Nulla, in altri termini, che possa davvero essere associato agli scenari rassicuranti della “coltivazione” dello Statuario Michelangelo.

Al di là degli aspetti tecnici più minuti, che hanno informato puntualmente e a più riprese la nostra attività emendativa sul Piano Regionale Cave (PRC) e su tanti Piani Attuativi di Bacino Estrattivo (PABE), quel che ci pare inaccettabile è veder scomparire sotto i nostri occhi paesaggi unici e irripetibili. Con un Parco Regionale che, anziché conservare la natura, pare più affannato a consentire l’apertura di nuove cave e a facilitare la vita alle imprese del settore lapideo. Ecco, noi torniamo a chiedere con forza che sia cancellato per sempre l’unicum giuridico delle “aree contigue di cava”. Delle vere e proprie aree estrattive, non ‘contigue’, ma aperte beffardamente dentro la superficie protetta del Parco che, ricordiamolo, fa pure parte della rete mondiale dei Geoparchi Unesco. Per questo, è venuto il momento d’invertire la rotta. Per questo, è venuto il momento di dire basta! È tempo di reclamare la progressiva chiusura di tutte le cave interne al Parco e, parimenti, è arrivato il momento di pretendere un prelievo più sostenibile, più equo, più giusto per l’intero distretto industriale di Carrara, volto ad azzerare l’esportazione dei blocchi e a limitare l’escavazione alle quantità lavorate nella filiera locale.

Per Legambiente, un’altra economia apuana non solo è possibile, ma a nostro avviso necessaria e improcrastinabile. Agricoltura biologica, zootecnia, turismo verde, ricettività diffusa, artigianato locale, enogastronomia delle DOP territoriali, autoproduzione energetica da fonti rinnovabili, economia circolare dalla bonifica e stabilizzazione dei ravaneti. Insomma, un mondo intero di nuove possibilità, di nuove professioni ad alto contenuto di conoscenza e valore aggiunto, che dovranno accompagnare e integrare l’indotto della lavorazione del marmo, di cui comunque chiediamo con forza l’accorciamento delle filiere. La nostra parola d’ordine, ancora una volta, è: diversificare e interconnettere.

Per questo, Legambiente aderisce con convinzione al Corteo Nazionale del 24 ottobre 2020 a Carrara, manifestazione convocata e organizzata da Athamanta. È giunto infatti il momento di unire, di far convergere, di rendere sinergici gli sforzi di tutti i movimenti in difesa delle Apuane.

Di più. È necessario e impellente evocare solennemente un patto intergenerazionale, tra chi ha la memoria preziosa delle conquiste e delle sconfitte di ieri e chi ha la freschezza, la sfrontatezza e l’ardore per immaginare un domani migliore.

Un domani in cui, tutti assieme, riuscire a immaginare le Alpi Apuane finalmente libere dalla distruzione.

A cura dei Circoli e della Direzione di Legambiente Toscana,
Ottobre 2020
 



Per saperne di più:

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