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Cavatori: uno sciopero “CONTRO”. Lettera aperta ai sindacati

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Il corteo dei cavatori sul viale XX Settembre, diretto verso Carrara

 
Quadrelli (Fillea CGIL) e Fulignani (Feneal UIL) questa mattina precisano che il loro non è uno sciopero “contro”, ma “per” ed elencano una serie di obiettivi: sì alle cave, più lavoro per tutti, più sicurezza, regole certe e più sviluppo sostenibile per il territorio.

Poi c’è la strana convergenza degli imprenditori di cava e pure della Confindustria.

Gli obiettivi proposti sono certamente condivisibili, basta intendersi sul significato delle parole e, soprattutto, avere chiari gli obiettivi e il tipo di economia che si ha in mente.

Più lavoro per tutti. Se la maggiore occupazione viene dal porre un freno all’esportazione dei blocchi per lavorarli nella filiera locale e dall’assunzione di manodopera per tenere pulite le cave e sistemare i ravaneti così da ridurre il rischio alluvionale, allora siamo d’accordo. Se, invece, vuol dire escavare sempre di più, senza badare alla distruzione dei crinali e dei luoghi della memoria, questo sciopero è contro il paesaggio e la sua tutela.

Più sicurezza.  Giustissimo, ma la sicurezza deve essere garantita da chi gestisce la cava, cioè da quegli stessi imprenditori con cui condividete lo sciopero, dal momento che le leggi ci sono.

Regole certe. Quelle ci sono già, basterebbe rispettarle. A meno che non si intenda che le regole devono piegarsi di volta in volta agli interessi imprenditoriali, come è quasi sempre accaduto; allora si capisce perché gli imprenditori aderiscono. Un esempio per tutti. Il rapporto tra blocchi e scaglie (25/75%), fissato dal PRAER, non è quasi mai rispettato. Ci sono cave con oltre il 90% di detriti. Andrebbero chiuse per legge. Anche la LR 35/15 che prevedeva la revoca dell’autorizzazione per scavi di oltre 1000 m3 al di fuori dei confini autorizzati era una regola certa; eppure avete contestato perfino l’art. 58 bis che, pure, ha salvato dalla chiusura le cave inadempienti. Cosa sono allora, per voi, le regole certe? Per caso, quelle che assicurano la continuità dell’escavazione anche in caso di violazioni e abusi? Forse Confindustria sarà d’accodo con voi. Noi no.

Più sviluppo sostenibile.  D’accordissimo. Sapete cosa vuol dire? Programmare e ridurre i prelievi di marmo. No alle cave che producono troppi detriti. Evitare l’inquinamento delle sorgenti (quindi niente marmettola in cava). Limitare il rischio alluvionale (cioè portar via tutta la terra prodotta, senza abbandonarla in cava). Cominciate a farlo e a pretenderlo nelle cave dove lavorate.

Se tale fosse il significato della vostra piattaforma, questo sarebbe uno sciopero sacrosanto.

In realtà sembra uno sciopero “per” continuare a lavorare al monte come si è sempre fatto, senza regole e considerando i controlli una “vessazione”. Ma è anche uno sciopero “contro”.

Contro l’ambiente e contro l’interesse dei cittadini. Continuare a lavorare come si è fatto finora, oltre alle morti, agli incidenti sul lavoro e all’illegalità diffusa, produce infatti danni:

  • al paesaggio mettendo a rischio i crinali e trasformando i nostri monti in grandi discariche di terre;
  • all’acqua, bene comune, inquinando le sorgenti con la marmettola;
  • alla sicurezza dei cittadini, aumentando il rischio alluvionale a causa delle terre abbandonate al monte e dei ravaneti instabili;
  • alle casse comunali e di conseguenza alle tasche dei cittadini perché la contrarietà a mettere a gara le concessioni per la conduzione delle cave riduce gli introiti che deriverebbero dalle gare stesse e favorisce le rendite di posizione degli attuali concessionari; mentre l’abbandono delle terre al monte produce minori incassi per il Comune.

Che senso ha, dunque, lo sciopero di oggi? Vorremmo che voi, che lo avete indetto e vi partecipate, rifletteste e recuperaste le vere ragioni di “essere sindacato”.

Condividiamo, invece, quanto espresso, anche sulla stampa, nei documenti sia del Direttivo della Camera del lavoro (CGIL) che, ad esempio, sostiene la necessità delle gare con clausola di salvaguardia sociale e l’obbligo di lavorare in loco almeno il 50% dei blocchi e il contingentamento e la valorizzazione dell’escavato sia della CISL che sostiene la necessità della filiera, della sicurezza in cava e della salvaguardia ambientale della montagna (esempio contrarietà al taglio dello zuccotto dei Bettogli).

Dubitiamo che, se lo sciopero fosse stato proclamato con queste sacrosante parole d’ordine, gli imprenditori e la Confindustria vi si sarebbero uniti.

Carrara, 1 aprile 2019
Legambiente Carrara
 



Per saperne di più:

Sul rispetto dell’ambiente e della legalità:

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