La voce Apuana, 9/2/19
Cave Michelangelo,
marmo speciale.
Dovere morale
tenerle aperte
Confindustria interviene nuovamente sulla questione con una lettera: «La questione ridotta all’essenziale è se ne valga ancora la pena di lavorare quella parte delle Alpi Apuane»
LA LETTERA DI ASSINDUSTRIA
le scriviamo in merito all’articolo che riporta la posizione di Legambiente sulle Cave Michelangelo in cui, sostanzialmente, l’associazione chiede che sia definitivamente chiusa l’attività estrattiva perché il reso, cioè la percentuale fra blocchi e cosiddetti scarti, è basso. Insomma la questione ridotta all’essenziale è se ne valga ancora la pena di lavorare quella parte delle Alpi Apuane per estrarre marmo.
La nostra risposta è sì. Ovviamente si può obiettare che sia una posizione partigiana, ed è vero. Siamo di parte perché sul marmo si fonda gran parte dell’attività imprenditoriale dei nostri associati. Siamo degli imprenditori e come tali riteniamo sia giusto che chi investe e fa impresa rischiando i propri capitali, il proprio tempo, la propria forza lavoro debba ricavarne degli utili. E che il cattivo imprenditore sia colui che manda a gambe all’aria l’impresa e le famiglie dei lavoratori e dei fornitori che da quell’impresa dipendono.
Quindi se l’accusa è che sia punito chi fa impresa allora è vero: siamo colpevoli! Speriamo che anche gli amici di Legambiente non lo pensino, anzi siamo certi che non vedano come un nemico chi ha una azienda, chi investe, chi rischia. Dunque, senza girarci troppo attorno, l’alternativa è se vogliamo chiudere le cave o governarne le lavorazioni.
Ma è ovvio che la prima risposta che tutti noi, aziende, cavatori, politici, cittadini, dobbiamo onestamente darci è a questa domanda: le cave vanno chiuse o no? Da qui, poi, tutte le altre scelte saranno altrettante conseguenze.
Si può fare meglio? Sì. Si può fare di più? Sì. Ad esempio grazie alle nuove tecnologie si sono fatti passi in avanti giganteschi sia sul rispetto dell’ambiente, pensiamo solo al costante e continuo aumento delle certificazioni ambientali delle nostre aziende, sia riguardo alla sicurezza sul lavoro dove abbiamo apprezzato il lavoro di costante attenzione propositiva e costruttiva da parte della Asl.
Questo per dire che si prova a guardare avanti possiamo già scommettere che le tecniche sempre più avanzate ci permetteranno di ridurre costantemente l’impatto delle nostre lavorazioni, ma anche di sviluppare a pieno l’industria delle materie oggi definite di scarto dentro una logica di economia circolare. Industria che a Carrara già abbiamo fatto partire con risultati molto incoraggianti.
Insomma molto è stato fatto e molto c’è ancora da fare. Ma per noi è certo che non si possa rinunciare (o almeno non lo si possa fare a cuor leggero) alla principale fonte di reddito e di lavoro della nostra realtà. Una realtà che deve tener conto delle peculiarità di ogni cava.
Ogni sito ha una sua propria e irripetibile caratterizzazione naturale e quindi ogni situazione va vista non con criteri generali e astratti, ma nello specifico: piazzale per piazzale, galleria per galleria, crinale per crinale. Vale anche per le Cave Michelangelo, anzi proprio per le Cave Michelangelo dal monte fino al piano, dall’escavazione fino agli Studi D’Arte Cave Michelangelo.
Perché non si può non tener conto delle loro specificità. Lì si trova marmo speciale, forse unico, con un valore aggiunto che non è solo economico ma, da Michelangelo e la sua Pietà in giù fino a Cattelan e al suo dito medio rivolto al cielo, anche culturale perché artistico.
Per questo riteniamo un dovere morale, prima ancora che di categoria, difendere la grande eccellenza rappresentata dai laboratori delle cave Michelangelo e soprattutto l’impegno che Franco Barattini in persona dedica da anni e anni al mecenatismo ed alla promozione dell’immagine di Carrara nel mondo.
Nel lavoro quotidiano di Barattini non c’è infatti soltanto una rilevante ricaduta occupazionale per il nostro territorio, ma anche una straordinaria azione a sostegno della nostra città per farla diventare di nuovo la capitale mondiale non solo dell’estrazione e della lavorazione del marmo, ma anche punto di riferimento internazionale per i più importanti protagonisti del panorama culturale e artistico.
Quanto vale questo impegno, con che metro di riferimento ne vogliamo calcolare le ricadute per tutta Carrara? E tutto questo può essere davvero cancellato, chiuso, rimosso perché irrilevante di fronte a unità di misura più vicine a logiche burocratiche che non alla reale situazione delle lavorazioni in cava?
Sarebbe utile riflettere su quanto sterili siano posizioni esclusivamente e quindi pericolosamente ideologiche e su quanta forza invece esprima un’azienda integrata come quella di Cave Michelangelo e dei suoi laboratori artistici che a Carrara stanno dando non solo reddito e lavoro ma soprattutto e di nuovo, prestigio. Questa è la domanda a cui rispondere.
Associazione industriali Massa-Carrara
La lettera di Assindustria (riportata a lato) è una difesa d’ufficio, infarcita di retorica, omissiva e fuorviante, della cava (pretenziosamente e per pura operazione di marketing, chiamata Michelangelo).
Ammette la bassa percentuale di blocchi estratti rispetto ai detriti, ma omette di inquadrare il dato come una violazione di legge, che non consentirebbe il rilascio dell’autorizzazione. Pertanto può così derubricare il fermo temporaneo –ridicolizzandolo– a banali logiche burocratiche, sorrette da sterili e pericolose posizioni ideologiche.
Assindustria, eludendo la questione dell’illegalità (grande come una montagna, si può ben dire), può così presentare il fermo temporaneo come un puro gesto punitivo contro le imprese che, in quanto tale, è pericolosamente estendibile a tutte le cave. Da qui, il passaggio, facile, alla retorica domanda: «le cave vanno chiuse o no?» con l’implicita alternativa secca: sì/no.
Per Assindustria la normativa regionale (PIT, Piano cave, PRAER) e comunale (Regolamento agri marmiferi e Piani attuativi di bacino estrattivo) che stabilisce le condizioni alle quali può essere esercitata l’attività estrattiva sono dunque inutili orpelli: o si chiudono tutte le cave (con la sottintesa minaccia della conseguente disoccupazione) o si lascia loro mano libera, senza alcuna regolamentazione.
Esalta poi, in modo subdolo e accattivante, lo sviluppo dell’industria delle «materie oggi definite di scarto», industria sicuramente valida per i veri scarti, non certo per giustificare le cave di detriti, vietate per legge.
Ciò è retoricamente funzionale all’artificio di appellarsi al buonsenso, per sostenere che occorre «tener conto delle peculiarità di ogni cava» e per respingere «unità di misura più vicine a logiche burocratiche che non alla reale situazione delle lavorazioni in cava», dove le logiche burocratiche sarebbero i requisiti di legge per autorizzare le cave (almeno il 25% dell’escavato, che passerà al 30% col piano regionale cave). In altre parole, suggerisce Assindustria, se la cava Amministrazione (non a caso in mano all’Omya, la multinazionale del carbonato) produce solo il 9% di blocchi, perché non dovremmo autorizzarla rispettando la sua peculiarità?
Assindustria conclude contrapponendo alle sterili posizioni “pericolosamente ideologiche” di Legambiente (ma, implicitamente, anche del Comune e della Regione) quelle di imprenditori con respiro internazionale. Saremmo ben contenti di interagire con una vera imprenditoria moderna, caratterizzata, come sappiamo, dal rispetto della legalità, della sicurezza, dell’ambiente.
Assindustria, purtroppo, sembra ancora legata a posizioni (non ideologiche, per definizione!) riassumibili nella massima “ridateci il Far West”. Ma pensa davvero che i carraresi abbiano ancora l’anello al naso e si lascino raggirare da una retorica patetica?
Carrara, 11 febbraio 2019
Legambiente Carrara
Per saperne di più:
Sulle cave che producono quantità elevatissime di detriti e pochi o niente blocchi:
Cave Amministrazione e Canalbianco: perché un fermo solo temporaneo? (7/2/2019)
Piani attuativi bacini estrattivi: quali indicatori di sostenibilità? (25/10/2018)
Il bacino estrattivo di Torano: spunti per una pianificazione integrata (3/5/2018)
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