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Cava Fossa Combratta: vittoria, preoccupazione e speranza

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A sinistra: la situazione attuale della cava, con l’ammasso instabile. A destra: il progetto (proposto dal settore comunale marmo e dall’ingegneria mineraria ASL) bocciato dalla conferenza dei servizi. In nome della messa in sicurezza avrebbe realizzato una bella cava senza rimuovere il rischio. Una vera beffa!

 

La vittoria
(di tutta la città)

 

Grazie alla fermezza del Parco e dell’Arpat è stato bloccato il tentativo di aprire una grande cava a Fossa Combratta, ricorrendo  a pretestuose motivazioni di sicurezza e aggirando i vincoli del PIT-Piano Paesaggistico (che consente solo l’estrazione di piccole quantità di marmo).

Esprimiamo pertanto soddisfazione per queste conclusioni, per le quali ci siamo battuti con solide argomentazioni. In effetti, l’azienda estrattiva l’aveva combinata veramente troppo grossa:

  • dovendo mettere in sicurezza la cava (autorizzata per soli 1.370 m3), aveva presentato, come intervento di rimozione di un ammasso instabile (di 400 m3), il progetto di una cava di addirittura 58.000 m3, corrispondente a estrarre tanti blocchi quanti, al ritmo precedente, avrebbero richiesto un intero secolo: una misura evidentemente sproporzionata alle reali necessità e palesemente rivelatrice delle finalità “superpredatorie” dell’imprenditore;
  • nella documentazione progettuale erano state omesse le relazioni scomode, in particolare lo studio di stabilità che, descrivendo le modalità tecniche con cui l’ammasso era rimovibile (prima di riprendere l’escavazione, limitata a 1.370 m3), avrebbe reso improponibile il “colpo grosso” da 58.000 m3;
  • la relazione “paesaggistica” non considerava minimamente il “paesaggio”, eludendo anche i più elementari requisiti richiesti dal PIT-PP: anziché studiare il contesto paesaggistico (un versante interamente boscato, intaccato dalla sola cava Fossa Combratta) e l’impatto indotto dalla cava, limitava lo sguardo alla sola area di cava.

 

La preoccupazione (l’uso strumentale della messa in sicurezza)

 

Assieme alla soddisfazione, però, dobbiamo esprimere anche preoccupazione. L’aspetto più sconcertante della vicenda, infatti, non è tanto l’iniziativa imprenditoriale, improntata più o solo alla massimizzazione dei profitti senza tener in alcuna considerazione gli impatti ambientali (e i connessi costi a carico della collettività), quanto il sostegno che a questa iniziativa era –ogget­tivamente e nei fatti- venuto da parte del Comune (settore marmo e ambiente) e dall’ASL (ingegneria mineraria), che ha prodotto un braccio di ferro all’interno delle conferenze dei servizi che ha determinato, per la prima volta, un pronunciamento non unanime.

I due uffici pubblici hanno infatti sollecitato la ditta a rimodulare il progetto (a 26.600 m3) realizzando poco meno della metà della cava, ma senza rimuovere l’ammasso instabile da cui tutto era partito.

È evidente che appellarsi a ragioni di sicurezza per motivare un’ingente escavazione (altrimenti non consentita dal piano paesaggistico) e poi lasciare immutato il pericolo è una proposta illogica che mina seriamente la credibilità delle istituzioni e ne svela la scarsa considerazione che ha dell’intel­ligenza del cittadino.

La vicenda della cava Fossa Combratta lascia per questo l’amaro in bocca e crea un precedente davvero pericoloso: se finora si è sempre e unanimamente riconosciuta la priorità della sicurezza, d’ora in poi i progetti di messa in sicurezza saranno gravati del sospetto di un loro uso strumentale.

 

La speranza (il recupero della credibilità istituzionale)

 

Ci auguriamo che in futuro, comprendendo il danno arrecato alle istituzioni, tutti i soggetti istituzionali coinvolti in decisioni analoghe dimostrino nei fatti che tale dubbio non ha fondamento.

Carrara, 25 gennaio 2019
Legambiente Carrara
 

Aggiornamenti
Come è andata a finire

Il Parco delle Apuane, con la determinazione del 15 marzo 2019, ha ufficializzato la posizione già espressa nelle conferenze dei servizi con tre no su: pronuncia di compatibilità ambientale, nulla osta e autorizzazione idrogeologica.

Tra le motivazioni: il progetto non è supportato da una relazione di stabilità; prevede tre anni di escavazione, con l’avvicinamento alle masse instabili, ma senza intervenire sulle stesse; non è sufficiente richiamarsi a una generica messa in sicurezza per giustificare un vero e proprio progetto di escavazione; la strada non è idonea al passaggio di mezzi pesanti.

 



Per saperne di più:

Sulla cava Fossa Combratta e sull’uso pretestuoso della messa in sicurezza:

Fossa Combratta: rispettare le leggi e prevenire l’uso strumentale della sicurezza  (7/12/2018)

Cava Fossa Combratta: il progetto ridimensionato? È solo un’aggravante!  (7/12/2018)

La vera favola di cava Combratta  (VIDEO: 23/11/2018)

Giù le mani dalla cima del Monte Betogli  (21/11/2018)

Cava Fossa Combratta: la vera posta in gioco dietro il pretestuoso alibi della sicurezza  (15/9/2018)

Cava Fossa Combratta: appello alle Istituzioni interessate  (31/8/2018)

Cava Fossa Combratta: non diventi la pietra dello scandalo  (7/8/2018)

Fossa Combratta: una cava da dismettere  (27/6/2018)

 

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