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Magnolia

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Magnolia                   Magnolia grandiflora L., 1753                   Fam. Magnoliaceae
 
Fig. 1. Carrara, piazza 2 Giugno. Per la sua folta chioma lucida e i grandi fiori bianchi e profumati, la magnolia è molto diffusa in parchi e giardini.

 
 
Questa splendida pianta sempreverde, dedicata da Linneo al botanico francese P. Magnol (1638-1715) e presente in ogni parco d’Italia, ci è diventata così familiare che siamo ormai abituati a considerarla come appartenente alla nostra flora (Fig. 1). In realtà la magnolia è originaria degli Stati Uniti meridionali, dalla Florida al Texas, ed è stata introdotta in Europa solo nel XVIII sec.

Fig. 2. Alla fine del Cretaceo (65 milioni di anni fa) l’Atlantico meridionale si era aperto divenendo un oceano; l’America settentrionale e l’Europa erano ancora unite (tramite la Groenlandia) e avevano pertanto flora e fauna molto simili. In rosso le dorsali oceaniche ai cui lati, per vulcanismo, si genera nuova crosta oceanica; in blu le fosse oceaniche con l’indicazione (triangolini) della subduzione di una placca sotto l’altra; le frecce nere indicano la direzione di spostamento delle placche tettoniche.

 
Pianta dei climi temperato-caldi, era presente in Europa e in Italia nell’era Terziaria (da 65 a 2 milioni di anni fa), come dimostrano i ritrovamenti fossili. In quel lontano periodo l’oceano Atlantico non era ancora completamente aperto; l’Europa e il Nordamerica erano collegati attraverso la Groenlandia (Fig. 2) e avevano perciò flore molto simili. Il clima era molto più caldo dell’attuale e nei pochi lembi d’Italia allora emersi abbondavano palme, allori, magnolia, sequoie, agavi, eucalipti, mentre le acque erano popolate da coccodrilli, squali e pesci tropicali (si veda la scheda La flora nel Terziario).

Nell’era Quaternaria (gli ultimi due milioni di anni), invece, l’Europa e il Nordamerica, ormai completamente separate, furono ricoperte in gran parte da un’estesa calotta glaciale che spinse le piante verso sud.

In Europa la barriera dei ghiacciai alpini e il mar Mediterraneo impedirono alle piante di scendere a sud per rifugiarsi in terre più ospitali: perciò molte specie animali e vegetali, tra cui la magnolia, si estinsero.

Negli Stati Uniti, invece, la mancanza di catene montuose disposte lungo i paralleli permise ai vegetali di rifugiarsi più a sud e di risalire poi nuovamente a nord, al termine delle glaciazioni. È per questo motivo che la magnolia si è estinta in Europa e non nel Nordamerica, dal quale, per mano dell’uomo, è tornata a fiorire nei nostri parchi e giardini. Per lo stesso motivo, mentre le foreste nordamericane sono costituite da molte specie di alberi, quelle europee sono spesso formate solamente da una o due specie dominanti.

Ma le vicende dei tempi remoti che ci narra la magnolia non finiscono qui. Il suo grande e profumato fiore è molto primitivo ed è da fiori di tale struttura che si ritiene siano derivate le infinite varietà di fiori oggi esistenti. All’interno dei grandi petali bianchi è racchiuso un ricettacolo conico molto allungato che porta gli stami e, al di sopra, gli ovari: entrambi sono in numero indefinito (non fisso) e con inserzione a spirale (Fig. 3).
 

Fig. 3. A: il fiore, di tipo primitivo, ha grandi petali e un elevato numero di stami (St) e di ovari (Ov), a inserzione spiralata sul ricettacolo fiorale. B: dopo l’impollinazione, gli stami cadono rendendo visibile la parte inferiore del ricettacolo (Rc); gli ovari, invece, si accrescono (C) formando altrettanti frutti (Fr), muniti di una linea di sutura e riuniti in un frutto composto, a forma di pigna verde.

 
Il colore bianco dei petali non è dato da pigmenti, ma è dovuto alla presenza di cellule epidermiche vuote, rifrangenti la luce. Si tratta dello stesso fenomeno che si manifesta quando si agita l’acqua con un po’ di detersivo: entrambi sono incolori, ma la schiuma che si forma è bianca per la rifrazione della luce sulle numerose bollicine di schiuma.

I fiori di tipo primitivo come quelli delle magnolie e delle ninfee, non avendo nettare da offrire, sono poco visitati dalle api (per la raccolta del solo polline), ma attirano, con l’odore del polline, i rozzi e maldestri Coleotteri, per i quali il fiore non è altro che una dispensa da saccheggiare: dotati di robuste mandibole, si nutrono direttamente delle parti fiorali fertili (stami e ovari).

D’altronde non poteva essere diversamente, visto che quando sono comparse le prime AngiospermeAngiospèrme: dal latino scientifico Angiospermae, composto di angio- ‘vaso, recipiente’ e -spermae ‘seme’. Piante con ovuli racchiusi all’interno di un ovario, che daranno origine rispettivamente al seme e al frutto., tra le quali la magnolia (nel Cretaceo inferiore, 130 milioni di anni fa), esistevano solo insetti masticatori: gli insetti pronubi dotati di apparato boccale atto a succhiare il nettare (api e farfalle) non erano ancora comparsi.

Anche se a caro prezzo, la fecondazione è comunque assicurata perché, nelle loro scorribande su e giù, entro fiori così grandi, un po’ di polline va a finire sugli ovari, fecondandoli.

Anche le api sono attirate, ma solo per la raccolta del polline dagli stami, compresi quelli caduti: le api si comportano dunque da profittatori che si cibano senza fornire, in cambio, il servizio di impollinazione (se non occasionalmente). La visita al fiore non è priva di rischi: può capitare, infatti, di restare preda del ‘ragno granchio’ (Misumena vatia, Fam Thomisidae), perfettamente mimetico sui candidi petali della magnolia (Fig. 4).
 

Fig. 4. I fiori della magnolia, privi di nettare, sono impollinati da coleotteri; tuttavia, con l’odore del polline, attirano anche le api bottinatrici. A: il fiore ha già formato il frutto (coperto da un petalo ma visibile in trasparenza: freccia rossa) e gli stami sono già caduti (frecce gialle). Sull’ammasso di stami caduti sono visibili due api, mentre una terza è in volo. B: Sfruttando il suo mimetico candore, il ragno granchio vive (e uccide le sue prede) sui petali della magnolia. Qui ha ucciso un’ape bottinatrice colpendola alla nuca con il suo morso, paralizzandola all’istante. Si noti, sulla zampa posteriore dell’ape, il cestello già pieno del polline raccolto (freccia nera). I ragni granchio non tessono ragnatele ma cacciano appostati sui fiori, dove risultano perfettamente mimetici grazie al loro colore, identico a quello del fiore in cui vivono. Così possiamo incontrare ragni della stessa specie, ma di diversi colori. Probabilmente assumono il colore del fiore in cui effettuano la muta. Infatti, assumono il bianco se mutano sul fiore della magnolia, il giallo se mutano su un fiore giallo ecc., ma conservano poi il proprio colore anche se trasferiti su fiori di altro colore.

 
Affinché la pianta non ne riceva un danno senza alcun vantaggio, è necessario che l’attività di saccheggio degli insetti sia limitata al periodo in cui il fiore è maturo per la fecondazione; fino a quel momento deve dunque essere evitata. L’obiettivo viene raggiunto mimetizzando il fiore immaturo, avvolgendolo cioè con un involucro verde: in questa maniera il bocciolo fiorale diventa indistinguibile dal fogliame (Fig. 5).
 

Fig. 5. A: agli occhi degli insetti la gemma fiorale (freccia), avvolta da sepali verdi, è indistinguibile dalle foglie. B: asportando i sepali risultano visibili i petali, biancastri ma non ancora candidi. È facile comprendere che sepali e petali non sono altro che foglie trasformate, come è ancor più chiaramente illustrato dalla Fig. 6. C: asportando anche i petali sono visibili gli stami (Stm) e gli stili (Stl) degli ovari; Cic: base dei sepali e dei petali asportati.

 
La figura 5 permette di intuire che i sepali e i petali non sono altro che foglie trasformate. È dunque una buona occasione per ricordare che tutte le parti fiorali, comprese quelle fertili (stami e carpelli), derivano dalla trasformazione di foglie. In alcune specie gli stadi di trasformazione graduale sono ben visibili nello stesso fiore: nella ninfea, ad esempio è chiaramente visibile la trasformazione in sepali e petali (gli involucri esterni del fiore) e negli stami (foglie fertili che si assottigliano e, alla loro estremità, producono le antere contenenti il polline) (Fig. 6).
 

Fig. 6. Nel fiore della ninfea (Nymphaea alba) (A) si apprezza facilmente che tutte le parti fiorali sono foglie trasformate. B: le foglie più esterne si trasformano in sepali (Sep) e, procedendo verso l’interno, si assiste alla trasformazione in petali (Pet) e in organi fertili: gli stami (Stm) e i carpelli (con ovario e stilo), visibili allo stadio di frutto (Fr) nella Fig. 3C.

 
Il gran numero di ovari di cui i fiori di magnolia sono dotati fa sì che, nonostante il saccheggio operato dagli insetti, molti di essi resteranno intatti e fecondati. Si sviluppa così un frutto composto (la ‘pigna’ della magnolia) formato da tanti frutti che a maturità si aprono, facendo sporgere i semi, rivestiti da una parte esterna (pericarpo) carnosa di colore rosso vivo (Fig. 7).
 

Fig. 7. A: la pigna della magnolia è un frutto composto da tanti singoli frutti (Frt), ciascuno formato da un ovario [fogliolina fertile i cui margini laterali si ripiegano e si saldano lungo una linea di sutura (Sut) dal cui apice sporge il residuo dello stilo arricciato (Stl)]. Alla base del frutto composto sono visibili le cicatrici degli stami caduti (Stm) e, più sotto, le cicatrici (Ctr) dei petali e dei sepali. B: ciascun frutto si apre lungo la linea di sutura, lasciando fuoriuscire un seme rosso (Sm), sospeso a un esile filamento bianco (Fm). I semi dondolano alla minima brezza attirando gli uccelli, ai quali è affidata la disseminazione.

 
Questi semi, pendenti dagli esili e flessibili filamenti che sporgono dai frutti aperti, mossi alla minima brezza, sono un richiamo irresistibile per gli uccelli i quali (a differenza degli insetti, che non percepiscono il rosso) hanno una visione cromatica come quella umana (Fig. 7B e 8A). Gli uccelli mangiano il seme ed eliminano poi con gli escrementi il nocciolo, contribuendo così alla disseminazione della magnolia e diffondendola anche a grande distanza dalla pianta madre.

Nonostante la struttura primitiva dei fiori e la brutalità degli insetti impollinatori, la strategia riproduttiva della magnolia è quindi pienamente funzionale.
 

Fig. 8. A: dal frutto (Fr) aperto fuoriesce il seme (Sm), sospeso a un sottile filamento (Fm) e rivestito da un tegumento rosso. Ctr: cicatrici degli stami caduti. Le foglie, verde lucido superiormente, portano una fine peluria marrone sulla pagina inferiore, solcata da una robusta nervatura principale sporgente (Np), dalla quale si dipartono nervature secondarie (Ns) più sottili.
B: sezione trasversale della foglia, vista al microscopio a 40 ingrandimenti. Np: nervatura principale sporgente; Ns: fasci vascolari di una nervatura secondaria; Es: epidermide superiore liscia, glabra e lucente; Ei: epidermide inferiore; Pl: peli della pagina inferiore; Fv: fascio vascolare costituito da vasi legnosi (Lg) all’interno (colorati con verde iodio) e da tessuto cribroso (Cr) all’esterno (colorato con rosso Congo); Gs: guaina sclerenchimatica continua che avvolge l’insieme dei fasci vascolari e conferisce robustezza alla nervatura; Pr: parenchima.

 

Fig. 9. Giovane magnolia dal portamento quasi naturale: i rami inferiori raggiungono quasi il suolo.
Conosci un esemplare adulto con questo portamento? Segnalaci la sua ubicazione: grazie.
 
 
Pianta a crescita molto lenta, la magnolia raggiunge nel paese di origine i 30 m di altezza (in Italia non supera in genere i 10-15 m); è assai longeva e raggiunge la maturità sessuale (la prima fioritura) solo dopo i 20 anni.

È ampiamente coltivata per i suoi grandi, candidi fori e per la folta chioma sempreverde di splendide foglie, verde scuro e lucide superiormente e rugginose, con fine peluria, inferiormente.

Per la sua chioma folta e impenetrabile dai raggi solari, la magnolia è spesso usata nei parchi e giardini per creare punti di sosta ombreggiati, nei quali collocare panchine.

Con gli esemplari spontanei, tuttavia, ciò non sarebbe possibile. Nelle magnolie con portamento naturale, infatti, i lunghi rami inferiori sfiorano il terreno.

Negli esemplari da vivaio, invece, i rami più bassi vengono prontamente tagliati (come avviene per gran parte degli alberi ornamentali), proprio per ridurne l’ingombro al suolo e permettere il passeggio o la sosta sotto la fresca chioma.

 
– Vai all’elenco delle altre schede già pubblicate
 

albero sorridenteVuoi collaborare?
Puoi farlo segnalandoci l’ubicazione precisa nel comune di Carrara di esemplari di questa (o di altre) specie meritevoli di attenzione per uno o più motivi: dimensioni, età, portamento, rarità, ecc. Scrivi a info@legambientecarrara.it un messaggio con oggetto “Piante ornamentali”; precisa il nome (volgare e/o scientifico) della specie, l’ubicazione (via e numero civico, nome del parco, o altro). Se possibile, unisci una mappa (ad es. di Google Earth) con un segnaposto che indichi l’esatta localizzazione dell’esemplare o, se del caso, il numero di esemplari presenti.
Potremo così gradualmente realizzare una mappa che indichi tutti i punti del territorio comunale in cui sono presenti esemplari della specie meritevoli di segnalazione. Grazie.

 


Scheda pubblicata il: 7/12/2017
Aggiornamenti: 16/12/2020, 13/4/2024

 
Mappa in corso di completamento: centra sull’area di interesse (spostandoti con il mouse tenendo premuto il pulsante destro), ingrandisci (col + in basso a sinistra) e, per aprire la legenda, clicca sul quadratino in alto a sinistra.

 

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