Le cave del Sagro: una vera follia
Il Sagro, la montagna sacra per i carraresi, con le adiacenti aree del M. Borla e di Campocecina, è una delle mete più amate dagli escursionisti, non solo locali.
Aggiungiamo che l’area è nel Parco delle Apuane, comprende due siti di importanza comunitaria (M. Borla-Rocca di Tenerano, M. Sagro), una zona di protezione speciale (Praterie primarie e secondarie delle Apuane) e ospita specie endemiche (come la Centaurea montis borlae, unica al mondo). Ce n’è d’avanzo per riservare all’area la massima tutela, bandendo rigorosamente ogni attività estrattiva.
Aggiungiamo che il sito è ben poco vocato all’escavazione: un marmo fratturato che produce pochi blocchi e molti detriti e un tragitto lunghissimo per trasportarli verso Aulla o Caniparola, su strade inadeguate, pericolose e instabili (vietate pertanto ai camion), con danno agli edifici e all’economia turistica. Ciononostante, in passato sono state aperte cave proprio ai piedi del Sagro e del Borla: il massimo dell’impatto con il minimo guadagno, concentrato però nelle mani di pochi che, evidentemente, contano più di tutti gli altri.
Aggiungiamo che le cave in questione (Fratteta-Castelbaito e Crespina) hanno violato per anni le prescrizioni ambientali abbandonando quasi tre milioni di tonnellate di detriti, disseminando ovunque marmettola e oli esausti e devastando il paesaggio: in un paese civile motivi da chiusura immediata.
È in questo quadro che si comprende la gravità dell’iniziativa di far passare i camion da Carrara per favorire il rilancio dell’assalto estrattivo ai monti Sagro e Borla.
La firma clandestina dell’intesa
La vicenda del protocollo d’intesa architettato e firmato da Parco, Provincia e comuni di Fivizzano e Carrara per consentire la prosecuzione dello scempio delle cave Walton ai danni dei monti Sagro e Borla illustra in maniera esemplare l’infedeltà dei rispettivi presidenti e sindaci che, incaricati di tutelare l’interesse pubblico, favoriscono interessi privati.
È ben noto che già il metodo di amministrare è rivelatore degli intenti: mentre gli atti di buongoverno vengono apertamente annunciati e poi rivendicati, quelli di malgoverno si cerca di farli all’insaputa dei cittadini e, se scoperti, si fa di tutto per nasconderne ogni dettaglio. La firma clandestina dell’intesa rivela perciò la consapevolezza di star compiendo un atto contrario all’interesse dei cittadini.
Bugie e reticenze
La richiesta della Fillea-CGIL di far transitare “provvisoriamente” da Carrara un numero “limitato” di camion per riaprire le cave in questione è stata respinta dalle commissioni consiliari. Vista la brutta aria che tirava, si cominciò allora ad agire nell’ombra, firmando il protocollo all’insaputa dei cittadini e degli stessi consiglieri e mantenendolo segreto. Ancor oggi, sebbene la notizia sia uscita sulla stampa da un mese, il sindaco e il presidente del Parco non hanno reso pubblico il testo dell’intesa.
La motivazione addotta dal sindaco e dalla CGIL è la salvaguardia dei 40 posti di lavoro nelle cave del Sagro-Borla. Vista l’ufficialità delle fonti dovremmo credere loro sulla parola; tuttavia, scottati dall’esperienza, ci siamo presi la briga di verificare i piani d’escavazione: è la stessa Walton a dichiarare che gli addetti sono 22 (12 per la cava Fratteta-Castelbaito e 10 per le cave Crespina); potrebbero diventare 25-26 con i camionisti, ma non 40. Dunque si bara anche sui numeri.
Il sindaco minimizza, parla di una decina di camion il giorno (quindi una ventina di passaggi) che non attraverseranno la città, ma tace i problemi dei centri attraversati: Castelpoggio, Gragnana (con una viabilità già critica perfino per le sole auto) e viale Potrignano. Parla di un permesso temporaneo di sei mesi, ma si smentisce da solo dicendo che il progetto della nuova via d’arroccamento dovrebbe essere pronto verso dicembre: è dunque implicito il suo impegno a rinnovare il permesso fino alla concreta realizzazione della nuova via. Sull’impatto ambientale delle due cave, invece, non dice nulla: non è infatti materia di cui si occupa.
Mentre la CISL respinge apertamente il ricatto occupazionale, la CGIL parla di 5 camion il giorno e di un compromesso accettabile per garantire sia la sostenibilità ambientale che quella sociale. Si tratta di frasi fatte, pronunciate a vuoto, senza rendersi conto che proprio la difesa ad oltranza di cave così scandalose è il modo migliore per esasperare la conflittualità sociale: non ha imparato nulla dall’esperienza Farmoplant.
Il Piano paesaggistico e il Piano del Parco: carta straccia?
Per il tracciato della nuova via d’arroccamento il Parco avrebbe indicato il congiungimento di quella di Canalbianco con la strada Piazzale Uccelliera-Foce di Pianza, tramite la vecchia via delle cave del Murlungo. Si realizzerebbe così la saldatura funzionale e strutturale tra bacino estrattivo industriale di Torano e quello del Sagro-Borla: la drastica abbreviazione del percorso consentirebbe un rinnovato e intensificato assalto al Sagro e al Borla, scardinando ulteriormente i già flebili vincoli del Parco.
Il comune di Fivizzano si farebbe carico della progettazione della nuova via d’arroccamento (in comune di Carrara), mentre la realizzazione sarebbe a carico dei titolari di cava (che acquisirebbero la proprietà della strada).
In questo avvincente abbraccio tra privati e amministratori pubblici si dà già per scontato che il progetto supererà la valutazione d’impatto ambientale e quella d’incidenza e, proprio partendo da questo presupposto, il sindaco di Carrara ha firmato l’impegno a far transitare i camion del Sagro dalle sue strade nell’attesa della realizzazione della nuova via d’arroccamento. In realtà qualche problemino ci sarebbe.
L’ordinanza del tribunale emessa dal giudice Bartolini, tuttora in vigore, vieta infatti il transito dei camion di detriti nelle strade di Carrara (poiché non sono sottoposti a preventivo lavaggio).
Inoltre la nuova via d’arroccamento ricade nella zona B1 del Piano del Parco (riserva naturale orientata, a prevalente carattere naturalistico), nella quale non sono consentiti movimenti rilevanti di terreno né «l’apertura o il completamento di strade extraurbane di qualsiasi tipologia, d’uso pubblico e privato, fatte salve le piste forestali e di esbosco, i percorsi destinati alla sola circolazione di pedoni e/o animali, nonché le strade specificamente indicate e previste nelle tavole di Piano».
Il Piano paesaggistico regionale, proponendosi l’obiettivo di salvaguardare le Alpi Apuane in quanto paesaggio assolutamente unico e non riproducibile, prevede tra l’altro che gli enti territoriali e i soggetti pubblici provvedano a: limitare l’attività estrattiva alla coltivazione di cave per l’estrazione del materiale d’eccellenza; tutelare gli acquiferi strategici, il patrimonio carsico e le risorse idriche superficiali e sotterranee; migliorare la compatibilità ambientale e paesaggistica delle attività estrattive, anche favorendo metodi di coltivazione meno impattanti.
Tuttavia la tracotanza dei due sindaci e dei due presidenti (del Parco e della Provincia) è tale che danno per scontato che tutto filerà liscio e tutte le autorizzazioni saranno presto rilasciate. Purtroppo è difficile dar loro torto: il sindaco di Carrara ha già dimostrato di tenere poco conto dell’ordinanza del tribunale e, ancor meno, dei suoi cittadini; quello di Fivizzano di tollerare le violazioni delle prescrizioni ambientali da parte delle cave del Sagro-Borla; il presidente del Parco di essere il primo promotore dell’assalto delle cave al parco naturale.
Resta da vedere se la Regione avrà il coraggio di sostituire i vertici del Parco o tollererà che si faccia carta straccia anche del piano paesaggistico. Restano infine i cittadini e le associazioni, di cui nessuno sembra intenzionato a tener conto, ma che sono disposti a lottare per il proprio territorio e a non perdonare chi ne fa scempio.
Carrara, 6 luglio 2016
Legambiente Carrara
Per saperne di più:
Su cave, Piano paesaggistico e Parco Apuane:
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