Antefatti
Nel nostro articolo del 24 ottobre Come opera la fabbrica del rischio alluvionale (la bonifica dei ravaneti) abbiamo preso l’esempio della bonifica di tre ravaneti per mostrare come il comune, in mancanza di una strategia globale e coerente di gestione del territorio, possa giungere ad accrescere il rischio alluvionale anche quando è mosso dalle migliori intenzioni. Abbiamo perciò ribadito la nostra convinzione, già espressa dopo l’alluvione del 5 novembre 2014, che il comune operi come una inconsapevole ma perfetta “fabbrica del rischio alluvionale”.
La risposta del comune (leggibile cliccando sull’immagine a lato) evidenzia gli accorgimenti adottati per tutelare le sorgenti e contesta che gli interventi effettuati aumentino il rischio idraulico.
In questa replica, pur precisando che la nostra critica non era rivolta ai progettisti (che, data la destinazione vincolata del finanziamento, non potevano certo farsi carico di un progetto di più ampio respiro) ma al funzionamento della macchina comunale, ribadiamo il rischio idraulico indotto da tali interventi per i quali chiediamo –come segnale di buona volontà– il ritiro dei lavori più impattanti.
La nostra è una critica costruttiva
I nostri articoli, anche se ben documentati, sono solitamente ignorati dal comune: perciò stavolta lo ringraziamo per averci risposto, seppur contestando che la bonifica dei tre ravaneti aumenti il rischio alluvionale.
Poiché l’intento dei nostri interventi non è mai quello di muovere critiche gratuite, ma di far riflettere sulla necessità di una strategia coerente volta a migliorare la gestione del territorio (nel caso specifico, gestire le cave e il bacino montano con l’obiettivo di tutelare le sorgenti e di ridurre il rischio alluvionale), ci auguriamo che venga pienamente compreso lo spirito costruttivo di questa risposta al comune.
Premettiamo subito che condividiamo la considerazione che la progettazione dei lavori richiede necessariamente compromessi per massimizzare i vantaggi e minimizzare gli svantaggi.
Ribadito il concetto fondamentale che per ridurre il rischio alluvionale occorre rallentare il deflusso delle acque montane, per l’intervento sul Canale di Boccanaglia confermiamo gli apprezzamenti già espressi sul ripristino di un alveo largo e dotato di grande scabrezza e sulla sigillatura mirata delle fratture del fondo nel tratto intermedio. La critica mossa alla cementificazione del tratto terminale resta valida, ma possiamo convenire che –considerato che riguarda un breve tratto (200 m)– lo svantaggio idraulico può certamente rientrare nei ragionevoli compromessi sopra citati.
Un errore molto frequente
Per il Canale di Sponda il comune ritiene che, pur avendone confermato la cementificazione, l’intervento non accrescerà il rischio idraulico poiché l’alveo è stato allargato, aumentandone la capacità e adeguandolo alla piena duecentennale. Si tratta forse del più frequente errore concettuale, figlio della lunga tradizione ingegneristica precedente all’istituzione delle autorità di bacino (ma ancora largamente diffuso), quando si progettava in un’ottica locale anziché di bacino idrografico: si evitava così l’esondazione in loco (mediante allargamento o approfondimento dell’alveo e/o rettifica, taglio della vegetazione o cementificazione) scaricando però a valle un rischio accresciuto.
Per mostrare come l’ing. Cannata commentava questa errata convinzione, riportiamo un passo dal suo libro (Governo dei bacini idrografici. Ed. Etaslibri, 1994): «Si pensi che ancora nel 1983 il Genio Civile di Arezzo si vantava dei successi ottenuti nella regimazione (con aumento di portata) dei torrenti, che aveva eliminato il rischio di piena di questi: lamentando invece il rischio permanente dell’Arno. Il volenteroso scrivente non era sfiorato dal dubbio che proprio l’intervento sui torrenti fosse la causa principale del rischio per il fiume».
Anche per l’intervento relativo al ravaneto Ponti di Vara la nuova lunga canalizzazione in cemento, proprio perché eviterà l’invasione della sede stradale da parte delle acque, scaricherà queste ultime in maniera più repentina sul Carrione accentuando il rischio alluvionale. Le briglie previste e l’assorbimento di acqua dalle sponde (cementificate solo al piede) svolgono un effetto marginale, non certo sufficiente a controbilanciare l’aumento del rischio.
Serve una strategia globale e coerente
Abbiamo più volte, inascoltati, avanzato proposte strategiche per ridurre il rischio alluvionale, tutelare le sorgenti e adeguare a requisiti di civiltà la gestione di cave e ravaneti. Tra i vari elementi di tale strategia ricordiamo qui:
- la necessità di smantellare le strade montane costruite nei torrenti, ripristinando un alveo largo e dotato di scabrezza (e ricostruendo le strade ad una quota più elevata);
- la rimozione completa di terre e marmettola dai ravaneti, in modo che essi possano assorbire le acque (rallentandone fortemente il deflusso) senza però inquinare le sorgenti.
Come si intuisce facilmente, si tratta di interventi strategici di largo respiro i cui costi e tempi sono tali da non poter pretendere la loro adozione come semplice accorgimento complementare all’intervento specifico della bonifica dei tre ravaneti.
Riconosciamo pertanto che sarebbe ingeneroso colpevolizzare i progettisti della bonifica dei tre ravaneti, soprattutto tenuto conto dei loro limitati margini di manovra (dovendo essi spendere un finanziamento statale vincolato ad uno scopo ben definito). La nostra critica non aveva tale intento, ma quello di prendere l’intervento come tipico esempio di un modo di procedere della pubblica amministrazione che, in mancanza di una strategia complessiva e coerente, giunge ad accrescere il rischio alluvionale anche quando è mossa dalle migliori intenzioni.
Chiediamo un segnale di buona volontà
Ci auguriamo che la polemica di questi giorni possa avere uno sbocco costruttivo –suscitando una seria riflessione sulle nostre proposte strategiche– e che il nostro comune possa finalmente giungere un giorno ad adottare misure normative e interventi che gestiscano l’intero bacino montano (cave, ravaneti, viabilità, ecc.) in modo coerente per il bene della città: in primo luogo per ridurre il rischio alluvionale, tutelare le sorgenti e migliorare il paesaggio.
A tal fine sarebbe certo un gran bel segnale se il comune rinunciasse a parte dei lavori ancora da iniziare, in particolare alla canalizzazione sulla via Ponti di Vara-Fantiscritti e alla tombatura addizionale del tratto terminale del fosso Canalgrande.
Carrara, 31 ottobre 2015
Legambiente Carrara
Per saperne di più:
Sulle problematiche tra cave, dissesto idrogeologico ed alluvione:
Come opera la fabbrica del rischio alluvionale (la bonifica dei ravaneti) (24/10/2015)
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Cave, ravaneti, alluvione: che fare? (Conferenza su alluvione: Relazione Piero Sacchetti, 11/10/2003: PDF, 37 KB)
Fenomeni di instabilità sui ravaneti (Conferenza su alluvione: Relazione Giuseppe Bruschi, 11/10/2003: PDF, 1,1 MB)
Carrione, sicurezza e riqualificazione: un binomio inscindibile (Conferenza su alluvione: Relazione di Giuseppe Sansoni, 17/3/2006: PDF, 3,2 MB)
Alluvione Carrara: analisi e proposte agli enti (11/10/2003)
Sulle problematiche tra cave e inquinamento delle sorgenti e dei corsi d’acqua:
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Frigido: vent’anni di indagini chimiche, biologiche ed ecologiche (Arpat, 2003)
Impatto ambientale dell’industria lapidea apuana (1991: 340 KB)
Impatto della marmettola sui corsi d’acqua apuani (volume 1983)
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Alluvioni: le segherie di Carrara nel dossier “Effetto Bomba” (18/6/2015)
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