A: – Autorità Portuale Marina di Carrara – Sindaco di Carrara – ARPAT, Direzione Generale e Dip. Massa Carrara – Presidente Regione Toscana – ISPRA
Il progetto di dragaggio: ripascimento con sabbie inquinate?
Per permettere l’ingresso di navi con pescaggio di 10-12,5 m, l’Autorità portuale ha presentato il 28 luglio un progetto di dragaggio del porto fino a profondità di 13 m e di un canale di accesso (circa 2,4 km di lunghezza e 200-300 m di larghezza, profondità 14 m) all’imboccatura del porto. Il progetto prevede l’impiego delle sabbie dragate (circa 1,7 milioni di m3) per il ripascimento del litorale tra la torre FIAT e il Frigido, versandole alla batimetrica di 6-8 m.
La lettura del progetto suscita però numerose perplessità sui criteri adottati per valutare l’idoneità delle sabbie al ripascimento, criteri che sembrano improntati a far prevalere l’economicità dell’operazione rispetto alla protezione dell’ambiente e della salute e che, come per miracolo, riescono a “ripulire” i sedimenti inquinati. Vediamo come.
Per la valutazione dei risultati analitici l’Autorità portuale ha incaricato l’ISPRA che, in un primo momento, ha seguito i criteri del “Manuale per la movimentazione di sedimenti marini“ (ICRAM-APAT, 2007) che considerano idonee al ripascimento le sabbie dragate se hanno concentrazioni di inquinanti non superiori a determinati livelli ed hanno tossicità bassa o nulla. Sulla base di questi criteri risultano inidonei 7 punti di campionamento (su 51), situati lungo la banchina Fiorillo, all’interno del porto e alla sua imboccatura (Fig. 1).
Purtroppo la relazione ISPRA, per la deprecabile scelta di non riportare un’appendice con tutti i risultati analitici tabulati, non consente una loro valutazione indipendente; essa, infatti, si limita a riportare per ogni carota sabbiosa la categoria del giudizio sintetico: A1 e A2 (idonee al ripascimento), B1 e B2 (inidonee, utilizzabili a terra o entro bacini di contenimento o in discarica), C1 e C2 (inidonee, da rimuovere in sicurezza con particolari cautele ambientali per l’elevato inquinamento).
Sorpresa: i criteri dell’ISPRA sono diversi da quelli dell’ARPAT
L’approccio dell’ISPRA, basato su criteri e livelli di contaminanti (Livelli Chimici di Base: LCB e Livelli chimici Limite: LCL) nazionali, è dunque ben diverso da quello dell’ARPAT che, a seguito di uno studio sulla presenza di contaminanti nelle sabbie del nostro litorale, considera idonee al ripascimento le sabbie i cui livelli di contaminanti non superino quelli presenti nel nostro litorale.
Va precisato che in alcuni casi anche l’ISPRA corregge i valori limite nazionali adottando i valori locali (Livelli Chimici di Base locali: LCBloc) determinati dall’Arpat: nel nostro caso dichiara espressamente di averli utilizzati per mercurio, cromo, nichel e zinco (Tab. 1).
Tab. 1. Livelli chimici ammessi nelle sabbie (adottati da diversi enti) per i 4 contaminanti per i quali l’ISPRA dichiara di aver utilizzato come LCB il valore naturale di fondo determinato dall’Arpat. La colonna in grassetto riporta i valori limite utilizzati.
ARPAT 2009 |
ICRAM-APAT 2007 |
ICRAM-APAT 2007 |
ISPRA1 |
DGRT 813/20142 |
|
Parametro |
valori di fondo (locali) |
LCB |
LCL |
LCBloc |
Valori di intervento |
Mercurio | 0,014 | 0,40 | 0,8 | 0,8 | 0,8 |
Cromo | 407 | 100 | 360 | 407 | 250 |
Nichel | 104 | 70 | 75 | 104 | 200 |
Zinco | 51,2 | 100 | 170 | 51,2 | 192 |
1 L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione ela Ricerca Ambientale) è nato nel 2008 dalla fusione dell’ICRAM e dell’APAT (oltreché dell’INFS): tra questi enti vi è quindi continuità istituzionale e scientifica.
2 La Deliberazione n. 813/2014 della Giunta Regionale Toscana detta le linee guida per il dragaggio delle aree portuali e marine poste nei Siti di bonifica di Interesse Regionale (SIR).
Non essendone state esplicitate le motivazioni, non è dato sapere perché l’ISPRA adotti come limite per alcuni contaminanti (e non per altri) i livelli locali (più elevati del LCL per cromo e nichel, più bassi per lo zinco), né è possibile cercare di dedurne una logica dall’esame dei risultati analitici (in quanto non pubblicati nella documentazione di progetto).
Sorpresa mercurio: si è scelto un limite 57 volte superiore a quello dell’ARPAT
Lascia però veramente stupefatti la dichiarazione che «per il mercurio è stato preso il valore di 0,8 mg/Kg LCB pari al valore naturale di fondo determinato da ARPAT» visto che nello “Studio per la definizione dei Valori di Fondo Naturale per alcuni metalli nell’area del SIN di Massa Carrara” (ARPAT-ISE 2009), pubblicato sul sito dell’ARPAT, il livello di fondo del mercurio non è 0,8 mg/Kg, bensì 0,014 mg/Kg. In poche parole, l’ISPRA, pur dichiarando di utilizzare come limite il valore determinato dall’ARPAT, ha utilizzato un valore 57 volte superiore. Ciò comporta due “piccole” conseguenze:
- mancando la tabella con tutti i risultati analitici, non si è in grado di dire se le carote sabbiose con mercurio oltre il limite siano effettivamente solo 4 (quelle con mercurio oltre 0,8 mg/Kg, nel caso specifico con valori da 0,85 a 0,93 mg/Kg) o se ve ne siano anche molte altre (quelle con concentrazioni inferiori a 0,8 ma superiori a 0,014);
- lo sforamento del limite del mercurio viene definito “lieve” (in quanto confrontato col limite di 0,8 mg/Kg), anziché “elevato” (essendo da 60 a 66 volte superiore al limite di 0,014 mg/Kg).
Terza sorpresa: ripetere i carotaggi risultati inidonei
Le sorprese, tuttavia, non finiscono qui. Commentando i superamenti dei limiti di ciascuna delle sette carote inquinate (per uno o più dei parametri: mercurio, zinco, rame, piombo, PCB, DDD, DDT, idrocarburi, tossicità sul riccio di mare Paracentrotus lividum e/o sul crostaceo Corofium orientale) si conclude sistematicamente non con un giudizio di inidoneità al ripascimento, bensì con il suggerimento di ripetere quei singoli carotaggi a distanze più ravvicinate (al fine di circoscrivere l’area effettivamente inquinata): un suggerimento più che ragionevole se fosse accompagnato da quello, analogo, di campionare anche attorno alle carote risultate idonee (onde assicurarsi che ad una certa distanza non vi siano invece sabbie inidonee). Insomma, un suggerimento a senso unico.
Il colpo da maestro: il detergente matematico che disinquina le sabbie
C’è però da trasecolare quando, «al fine di fornire una valutazione più aggiornata e realistica della qualità dei sedimenti dell’area», la prima valutazione sopra descritta (e effettivamente un po’ scomoda, seppure più che addolcita utilizzando il limite di 0,8 mg/Kg per il mercurio) viene “buttata a mare” e sostituita con una ben più permissiva.
A tal fine, infatti, «sono stati successivamente applicati criteri di ponderazione integrata, così come già operato da ISPRA in altri siti portuali nazionali». Così «per il passaggio da una classe a quella successiva non ci si basa sul superamento anche minimo e di un singolo parametro, ma a criteri che, per ciascun riferimento considerano la tipologia e il numero dei parametri non conformi, nonché l’entità di tali superamenti, per l’elaborazione di un indice Hazard Quotient chimico (HQc) e la sua attribuzione in una classe di pericolo (da Assente a Molto Alto)».
Tradotto in soldoni, ciò significa fare una sorta di media tra le concentrazioni di tutti i contaminanti (ciascuno rispetto al proprio limite). Così, se ad una elevata concentrazione di mercurio, si aggiungono altri inquinanti (ma a concentrazioni modeste), il risultato non sarà valutato come un aggravamento (seppur modesto) della contaminazione ma, per effetto della media ponderata, come un “risanamento”.
Anziché adottare un approccio prudenziale che tenga conto delle possibili azioni sinergiche dei contaminanti, si è cioè scelto un “detergente matematico”. Va riconosciuto che il metodo scelto presenta indubbi vantaggi pratici: la sabbia, risanata per “effetto matematico”, potrà così essere valutata complessivamente poco inquinata e idonea al ripascimento.
In effetti si tratta di un metodo portentoso di “disinquinamento”: come afferma la relazione, «secondo il presente approfondimento e ridefinizione delle classi, permane in classe B2 solo il campione MC2». Per l’esattezza, resta inidonea solo una parte (il solo livello tra 50 e 100 cm di profondità) della sola carota di sabbia n. 2 (banchina Fiorillo). Resta solo da rammaricarsi che gli inquinanti spariscano solo sulla carta, mentre restano nelle sabbie usate per il ripascimento.
Resta inoltre da spiegare perché le sabbie portuali con mercurio superiore a 0,8 mg/Kg (che richiedono perciò un intervento di bonifica o messa in sicurezza ai sensi della DGRT n. 813/2014: si veda l’ultima colonna della Tab. 1), possano invece –secondo la relazione progettuale– essere scaricate direttamente nel mare antistante gli stabilimenti balneari.
Motivazioni discutibili e poco convincenti
L’opinabilità e tendenziosità della scelta di adottare i criteri di “ponderazione integrata” e l’indice “Hazard Quotient chimico” possono rilevarsi anche dalle “arrampicate sugli specchi” compiute per giustificarla: «Secondo, infatti, quanto desumibile dai contesti scientifici internazionali inerenti l’applicazione della Convenzione di Londra (più precisamente il Protocollo ‘96), la classificazione dei sedimenti da dragare deve seguire l’applicazione di indici che consentono di formulare una valutazione integrata della qualità dei materiali da rimuovere, superando le limitazioni connesse ad un approccio meramente tabellare sotto il profilo chimico e basato sul risultato peggiore ottenuto dalle analisi eco tossicologiche».
Ebbene, da bravi “San Tommaso” abbiamo “ficcato il naso” nel Protocollo citato scoprendo che, non solo non fa il benché minimo accenno al superamento delle limitazioni connesse ad un approccio tabellare e basato sul risultato peggiore, ma propone (nell’allegato 2) l’adozione di una lista d’intervento che è una vera e propria tabella con tanto di soglia minima applicabile (al di sotto della quale lo scarico in mare è da considerarsi poco pericoloso per l’ambiente) e soglia massima applicabile (il cui superamento pregiudica la possibilità di scarico in mare), mentre nell’intervallo tra le due soglie prevede una valutazione più approfondita. Né la Convenzione mostra aperture a criteri più permissivi: insiste, anzi, sul principio di precauzione e sulla piena facoltà di ogni Paese di adottare misure più severe. Non si vede perciò perché un ente autorevole come l’ISPRA debba ricorrere a giustificazioni inconsistenti per motivare le sue scelte.
Invitiamo pertanto l’Autorità Portuale a ritirare la relazione “Classificazione della qualità ambientale dei sedimenti del porto di Marina di Carrara finalizzata al dragaggio e alla successiva gestione”, sostituendola con una che adotti criteri di valutazione più attenti alla tutela dell’ambiente.
E per i dragaggi del futuro porto? Il metodo miracoloso è già pronto
La tendenziosità dell’Autorità portuale su questo progetto di dragaggio del porto e ripascimento del litorale induce a dubitare della sua attendibilità anche riguardo ai futuri dragaggi per la manutenzione dei fondali previsti dal nuovo Piano Regolatore Portuale.
In effetti, nel “Quadro conoscitivo” del PRP si evidenzia che l’area portuale «è stata già indagata in maniera approfondita ed è stata riscontrata la sostanziale assenza di inquinamenti derivanti da attività industriali pregresse e, pertanto, se ne prevede la successiva esclusione anche dal SIR»; i parametri ricercati inoltre «risultano conformi ai valori limite di intervento proposti da ISPRA per il SIN di Massa-Carrara». La “Relazione integrativa” del PRP, inoltre, decanta i risultati positivi dei monitoraggi 2005 (tossicità assente e contaminazione medio-bassa, con soli due punti isolati interessati da arsenico) e 2009 (concentrazione molto bassa di mercurio, piombo, nichel, rame, DDT, DDD, DDE, naftalene).
In tal modo si lascia surrettiziamente intendere che le sabbie siano idonee al ripascimento, evitando accuratamente di dire che i valori limite di intervento utilizzati non valutano l’idoneità al ripascimento, bensì la necessità o meno di procedere alla bonifica dell’area. Guarda caso, il limite di 0,8 mg/Kg per il mercurio è proprio il limite di intervento per le bonifiche (che l’Autorità portuale intende utilizzare invece come limite per i ripascimenti, al posto di 0,014 mg/Kg). In altre parole, anche in futuro l’Autorità portuale intende ricorrere al suo trucco: basta adottare limiti più elevati per far apparire “puliti” anche i campioni più contaminati.
Né può certo tranquillizzare il previsto monitoraggio (di per sé sempre opportuno) delle acque marine e dei sedimenti durante e dopo il ripascimento. È ovvio infatti che, se le sabbie inquinate sono state giudicate idonee in partenza, lo saranno ancor di più dopo la loro dispersione e diluizione su oltre 3 kmdi litorale e il rimescolamento operato dal moto ondoso. Senza contare che, se il litorale dovesse risultare contaminato, non vi sarebbe rimedio, essendo impensabile rimuovere milioni di m3 di sabbia. Pertanto, per tutelare il litorale ci si risparmi l’ipocrita rassicurazione del monitoraggio e si eviti, invece, di versare a ripascimento sabbie inquinate!
In conclusione, il metodo di “disinquinamento” sulla carta previsto dall’attuale progetto di dragaggio e ripascimento si propone l’obiettivo più ambizioso di fungere da precedente e lasciapassare anche per i futuri dragaggi del porto. Non è certo la migliore referenza per conquistarsi la fiducia dei cittadini.
Riteniamo infine inopportuno che l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), un autorevole ente pubblico, fornisca pareri che sollevino anche un minimo dubbio sulla cristallina aderenza alla sua denominazione e finalità istituzionale.
Carrara, 12 settembre 2015
Legambiente Carrara
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