Non si è ancora spenta l’eco della divulgazione del parere giuridico che conferma la proprietà pubblica dei beni estimati e già iniziano a levarsi le prime voci di quello che, immaginiamo, diventerà un coro straziante volto a impietosire i carraresi sul triste destino che ha colpito i titolari di beni estimati.
Gara pubblica per le concessioni di cava: un vero esproprio?
Apre il coro il titolare della cava Artana B, preoccupato dalla prospettiva che le concessioni siano assegnate mediante gara pubblica e, pertanto, la sua cava, acquistata dal nonno, domani possa essere assegnata ad altri. Gli alti lai, peraltro, sono accompagnanti dall’esclamazione «se il Comune la metterà a gara, sarà un vero e proprio esproprio!», rivelatrice della convinzione che i beni estimati siano proprietà privata, come i titolari hanno sempre rivendicato.
Non mancano le solite argomentazioni, economiche (se acquisto macchinari e poi perdo la cava, come li ripago?) e perfino ambientali (se sapessi di avere la cava per un periodo limitato scaverei a man bassa senza curarmi delle conseguenze, lasciando i problemi al concessionario successivo). Segue la proposta: fateci pure pagare il canone come gli altri, ma non mettete a gara le cave e lasciatele alle famiglie che hanno pagato quei terreni.
Primi appoggi politici: il soccorso azzurro
A loro supporto, in perfetta sincronia, interviene il centrodestra locale sostenendo che i beni estimati devono essere considerati come un “affitto perpetuo” e quindi i titolari di cava sono come inquilini che devono pagare l’affitto, ma non possono essere sfrattati.
Concedi un dito e ti prendono il braccio
Sembra di assistere alla stessa recita già inscenata dai balneari contro la direttiva Bolkestein: in tanti anni di concessione demaniale abbiamo migliorato la spiaggia e fornito servizi, ed ora avete il coraggio di mettere a gara il frutto del nostro lavoro? È evidente il totale capovolgimento del concetto di concessione: anziché ringraziare perché è stato loro “concesso” di sfruttare (per un dato periodo e a certe condizioni) un bene pubblico, rivendicano il “diritto” di continuare ad usufruirne indefinitamente.
Allo stesso modo, i titolari di beni estimati, anziché ringraziare per aver sfruttato per decenni le cave (senza peraltro pagare alcun canone!), si atteggiano a povere vittime e rivendicano di fatto la perpetuità della concessione (peraltro mai rilasciata).
Sembrano dimenticare che da ormai venti anni la Corte Costituzionale ha sentenziato l’onerosità e la temporaneità delle concessioni e che il Comune (non solo per rispettare le direttive europee) è tenuto a mettere a gara le cave (suoi beni indisponibili), evitando rendite di posizione, nell’interesse di tutti i carraresi.
Gara pubblica: uno stimolo positivo anche per l’imprenditoria
Merita ricordare infine che l’assegnazione mediante gara pubblica delle concessioni (per le quali proponiamo una durata decennale) è uno stimolo al continuo miglioramento dell’imprenditoria del marmo e delle ricadute sulla città: se il Comune accoglierà la nostra proposta, infatti, le cave saranno assegnate a chi avanza la miglior offerta economica, garantisce la maggior percentuale di blocchi lavorati in loco (quindi maggior occupazione), il minor impatto ambientale e il piano d’escavazione più razionale. Se gli attuali titolari sapranno raccogliere la sfida non avranno nulla da temere: potranno addirittura assicurarsi la concessione di una cava migliore dell’attuale.
Carrara, 15 maggio 2014
Legambiente Carrara
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