Alla seconda commissione del
Consiglio Regionale della Toscana
Oggetto: Osservazioni alla proposta di legge n. 225 “Disciplina dell’esercizio delle funzioni in materia di usi civici”
A premessa del nostro intervento, vogliamo esprimere il nostro convincimento della mancanza in Toscana di una legge di PROMOZIONE DELL’USO CIVICO E DI VALORIZZAZIONE DEI BENI COMUNI E DEI DEMANI COLLETTIVI, pertanto: delle Comunità umane, dei territori interessati e delle loro relazioni. Una legge che si apra ad un processo di riqualificazione sia delle Comunità che dei Luoghi promuovendo l’apertura di una fase che favorisca, accanto ad una valorizzazione delle risorse, l’affermarsi di economie comunitarie e solidali di esperienze di controllo civico e di gestione democratica comunitaria, fondamenti imprescindibili di una gestione e di un governo civici dei territori comunitari.
La proposta di legge n. 225 non solo non coglie l’opportunità di sciogliere una serie di nodi di rilevanza economica, ambientale e di tutela della pubblica incolumità che stanno ormai venendo al pettine soprattutto nell’area delle Apuane ma, addirittura, sembra volta a sdemanializzare e liquidare le terre originariamente civiche che hanno perduto di fatto la loro destinazione originaria (per lo più agro-silvo-pastorale). Pertanto, i beni civici originariamente agricoli ed oggi destinati ad altri usi produttivi (es. cave di marmo e pietre) perderebbero l’antica qualità civica e acquisirebbero la natura di proprietà privata. In tal modo si troverebbero ad essere definitivamente sanate perfino le occupazioni abusive di un terzo delle cave di Carrara c.d. “beni estimati”, con grave danno erariale.
Si chiede perciò di cassare interamente il comma 2 dell’art. 1, sia perché destinato a liquidare anziché valorizzare i beni civici, sia perché illegittimo in quanto invade l’esclusiva competenza dello Stato su una materia di rilievo costituzionale (si vedano le argomentazioni giuridiche nel nostro allegato tecnico).
Analoghe preoccupazioni in merito alle finalità della Regione riguardano l’attribuzione di personalità giuridica di diritto privato agli enti gestori dei beni civici (art. 15 e 16 della proposta di legge), scelta che peraltro contrasta con la giurisprudenza (come argomentiamo nell’allegato tecnico).
Anche in merito alla regolamentazione delle funzioni di competenza regionale dissentiamo sulla scelta di attribuire al Dirigente Regionale “di turno” sia il potere di autorizzare il mutamento di destinazione dei beni civici sia il parere relativo al provvedimento di espropriazione per pubblica utilità. Riteniamo parimenti inopportuna la previsione di uno Statuto-tipo degli enti di gestione (in quanto non rispondente alla loro variegata e composita natura).
L’iter del testo in esame evidenzia come nei fatti, nonostante le modificazioni introdotte rispetto alla versione precedente (che in buona sostanza escludeva con un’operazione nominalistica l’intera area delle Apuane), il tema del marmo non è stato assolutamente considerato, se non nella maniera surrettizia e potenzialmente devastante sopra accennata.
Se così non fosse, sarebbe stata almeno coinvolta anche la terza commissione consiliare permanente per lo sviluppo economico.
Sulle Apuane, infatti, come è noto, demani collettivi civici e diritti di uso civico sono ben presenti proprio nelle zone estrattive, come Seravezza, Stazzema, Vagli e anche Carrara dove Vincenzo Cerulli Irelli e poi Giuseppe Morbidelli già negli anni ’70 del secolo scorso ravvisarono l’esistenza di un vero e proprio Demanio Civico negli agri marmiferi carraresi. I gravi nodi sopra accennati vi stanno ormai esplodendo in una pericolosa mistione di disoccupazione, rischio idraulico, devastazione del paesaggio e deriva criminale.
Eppure, circa un anno fa, il Consiglio Regionale impegnava la Giunta, proprio al fine di garantire la sostenibilità ambientale degli interventi e la salvaguardia della risorsa e proprio con particolare riferimento agli agri marmiferi delle Apuane, a coinvolgere le comunità locali con il precipuo scopo di favorire la lavorazione del materiale scavato all’interno del distretto manifatturiero locale, in tal modo assicurando parità di opportunità alle imprese locali, alle piccole e medie imprese ed alle imprese artigiane a difesa della “filiera corta”.
Nello stesso contesto il consiglio invitava a limitare l’apertura di nuovi fronti di cava in territori non ancora coinvolti in questo tipo di attività, a utilizzare strumenti estrattivi innovativi e poco impattanti, ad accorciare le filiere. Era pertanto evidente lo scopo di regolare l’utilizzo di una risorsa, per sua natura scarsa, e il cui sfruttamento interferisce con il paesaggio, in maniera commisurata alle reali esigenze del sistema produttivo, evitando il riuso di cave dismesse o abbandonate.
Ci domandiamo con quali strumenti legislativi o con quali incentivi si pensi di favorire effettivamente la lavorazione in loco e la filiera corta, riconducendo l’escavazione al servizio della lavorazione e della trasformazione e non, come oggi avviene, del comparto del carbonato di calcio del commercio di blocchi informi e soprattutto, di detriti.
In che modo si pensi, in un’epoca di grave crisi economica, di eliminare i rischi per la pubblica incolumità, di contenere l’impatto sull’ambiente e sul paesaggio, se non riducendo l’escavazione e sviluppando l’occupazione e l’impresa nel settore della lavorazione.
Si tratta di un vasto e urgente processo di riconversione industriale che deve trovare solide basi giuridiche. Diversamente, le buone intenzioni sono destinate a vanificarsi. Le basi giuridiche esistono e possono essere ordinate proprio a partire dal riconoscimento della particolare natura di demanio collettivo civico delle cave delle Alpi Apuane.
Una scelta di valorizzazione dell’uso e del demanio civico non potrà che avere benefici effetti sull’intero territorio della Regione Toscana, tanto più che solo l’attiva partecipazione delle comunità interessate alla gestione del bene civico costituisce il vero anticorpo sia contro la realizzazione di interventi insostenibili per l’ambiente ed il territorio sia contro l’infiltrazione di organizzazioni criminali.
Invitiamo dunque, in conclusione, la commissione a non effettuare interventi legislativi angusti, impropri, fuorvianti e di fatto liquidatori degli usi civici Chiediamo di impostare un nuovo atto legislativo di ampio respiro conforme all’importanza dell’oggetto in esame.
Carrara, 16/10/2013
Legambiente Toscana
Italia Nostra Consiglio Regionale Toscana
e Sezione Apuo Lunense
ARCI Comitato Provinciale Massa-Carrara
Legambiente Carrara
Centro G. Cervati di Seravezza
Per saperne di più:
Su cave e usi civici, beni estimati:
Usi civici e cave: osservazioni alla proposta di legge regionale – ALLEGATO TECNICO-GIURIDICO (14/10/2013) (84 KB)
La proposta di legge regionale sugli usi civici (ottobre 2013, 92 KB)
Esposto per il riconoscimento delle cave come beni comuni (5/10/2005)