Mentre in Giappone prosegue la conta delle vittime dello tsunami e un manipolo di eroi lotta per limitare gli effetti dei gravissimi danni al reattore nucleare di Fukushima, altre morti e devastazioni interessano il nostro Mediterraneo.
La Risoluzione dell’ONU è intervenuta per fermare un dittatore che non ha esitato a bombardare la propria popolazione. Si sarebbe dovuto intervenire prima, ora il rischio che si vada verso un’altra guerra infinita è reale.
La rivolta araba per la democrazia
Noi, che abbiamo salutato con gioia e soddisfazione le nuove ribellioni dei popoli arabi per la fortissima domanda di democrazia e partecipazione che hanno espresso, che ci sentiamo confortati dal nuovo vento che spira nel cuore del Mediterraneo, che pensiamo che un popolo civile come il nostro non debba e non possa vedere come un pericolo il riavvicinarsi delle due rive del Mediterraneo, vediamo con grande preoccupazione delinearsi un nuovo scenario di guerra.
I rischi di una guerra per il petrolio
Anche perché è evidente che c’è il controllo sui giacimenti di combustibili fossili, che per 42 anni hanno puntellato il trono del re d’Africa, a far sgomitare gli Stati europei nel guidare un’offensiva militare in cui, ancora una volta, si volatilizza l’Europa come Unione, e prendono quota gli interessi delle singole nazioni.
Per questo riteniamo urgente e indispensabile che la politica riprenda il suo ruolo, che attraverso la diplomazia si metta a tacere un regime sanguinario e sia data possibilità al popolo libico di esprimere la propria voce in libertà.
Petrolio e nucleare: le risorse scarse innescano guerre
In questo spaccato di attualità c’è la contraddizione del mondo diviso: diviso per le sue istituzioni politiche ma anche per l’accesso alle risorse naturali, in primo luogo quelle energetiche.
Non sarà sostituendo una risorsa scarsa come il petrolio con una risorsa ancora più scarsa e presidiata militarmente, come il nucleare, che si potrà sperare in un futuro di benessere e pace per la comunità globale.
Efficienza energetica ed energie rinnovabili si sposano con la pace e i diritti dei popoli
Per ridurre i rischi di conflitto nel mondo e ridimensionare il potere dei padroni delle energie e dei loro apparati politico-militari c’è un solo modo: attingere dalle risorse più abbondanti, disponibili e democratiche che ci siano: nessuno, nemmeno il più potente dittatore del mondo, potrà mai spegnere il sole che illumina le terre del suo vicino e concorrente, né si potrà mai fermare la forza del vento, il calore della terra, il flusso delle onde. Un nuovo modello di approvvigionamento di energia e materie prime è indispensabile per affrancarsi dalle guerre del petrolio.
In tempi di guerra, come quella appena iniziata alle nostre porte, l’impegno per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili si sposa con l’impegno per i diritti dei popoli e fa parte della nostra campagna per la pace e la risoluzione non armata dei conflitti.
Vittorio Cogliati Dezza, presidente LegambienteRossella Muroni, direttore generale Legambiente
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